I  luoghi  dell'oblio
 

Mostra Collettiva presso il San Paolo Palace Hotel di Palermo dal 24 marzo al 30 giugno 2007 - Direzione Artistica di Fabrizio Costanzo e Francesco Pintaudi

 

Luoghi: teatri della mente 
 
  Luoghi dimenticati, sognati, idealizzati, inventati, mai visti. Intrappolati nella tela dei ricordi. 
  Luoghi vissuti, riemersi sul filo della memoria. Luoghi sacri, teatrali, privati.
   La storia è colma di luoghi, dalla caverna preistorica alla moschea, dai palazzi storici alle architetture dei giardini, dalle chiese alle piazze barocche, dalle piramidi egizie e maya ai templi occidentali e buddisti, ai custodi del sonno cinesi.
   Luoghi come teorie, manipolazioni della realtà, descrizioni minuziose di prospettive rinascimentali, di spazialità barocche, di luce impressionista, di frantumazioni cubiste. Luoghi assoluti, astratti, escheriani.     
   Luoghi metafisici stranianti, impossibili, di là dal tempo e dallo spazio, visioni surreali dove il sogno in-contra la realtà.
   Luoghi-silenzio, di opere d’arte, strappate al fare, conservate in statici musei. Luoghi-evento, teatrali, rituali, spettacolarizzati dall’uomo che recita se stesso mimando il gioco della vita. Luoghi comuni, piazze, strade. Muri quotidiani fumettati da Haring.
   Luoghi-caos pervasi dal dinamismo futurista. Luoghi noti e sconosciuti. Luoghi.
   La psicologia topologica (dal greco topos – luogo) ha studiato a fondo il significato del luogo inteso come spazio di relazione. 
   La teoria gestaltica ha dimostrato che gli individui hanno organizzato il loro intorno secondo precise leggi strutturate, leggi percettive di similarità, prossimità, continuità, delimitazione.
   Lewin ha sostenuto la capacità dell’uomo di muoversi ed agire (da soggetto attivo) nell’ambiente, deci- dendo liberamente, pur condizionato dai modelli culturali specifici (le istituzioni).
   Walter Benjamin ha riportato la nozione di spazio entro i limiti della dialettica uomo-storia, affermando che, lunghi periodi storici e dinamiche complesse di esistenza delle società hanno influenzato la percezione umana sensoriale nei diversi territori. 
   All’interno del concetto di configurazione nella teoria gestaltica, Rudolph Arnheim ha sostenuto che l’aspetto di un oggetto non è mai soltanto determinato dall’immagine che colpisce direttamente il nostro occhio (vedi la sfera che logicamente completa la forma rotonda parzialmente visibile di fronte). In tale accezione, non si vive una realtà parziale, ma completa. La forma dell’oggetto, quindi, non sempre coincide con l’effettivo limite di un corpo fisico.
   Edward T. Hall, nell’opera La dimensione nascosta, analizzando i vari comportamenti culturali dell’uomo nel loro complesso e affrontando i modi di usare lo spazio e di attribuirgli un significato, si è addentrato nel campo dell’arte considerandone l’aspetto percettivo.
   In particolare ha sottolineato il ruolo della pittura che, pur non potendo riprodurre direttamente, ad esempio, il profumo di un frutto, può evocare sensazioni simili attraverso segni rappresentativi opportuna- mente selezionati.
   I pensieri di Rudolph Arnheim e di Edward T. Hall pur divergenti sono complementari in un punto e  ci permettono di guardare ancora più dentro il concetto di luogo inteso come sistema relazionale e di cono- scenza spazio-temporale.
   L’artista, per Hall ha il compito di aiutare il profano a mettere ordine nel proprio universo culturale, a decifrare il fenomeno visivo, ma lo fa (vedi Arnheim) secondo una suggestione sensoriale che non sempre raffigura l’oggetto, le persone, e i luoghi in maniera chiara e completa. In taluni casi può semplicemente evocarli o descriverli in parte, citarli, trasfigurarli, e non per questo, necessariamente, sono conosciuti dal-l’osservatore in maniera incompleta.
   Una posizione estrema è quella di Jackson Pollock, che ha sublimato il concetto fisico del luogo, trasfe- rendolo sulla tela. Questa, definita luogo degli eventi, si configura come forza attiva e propulsiva, capace di generare sentimenti e passioni in un moto dinamico irrefrenabile dove l’artista, in preda ad un raptus creati- vo, e senza nulla di preordinato, sgocciola il colore secondo l’input del dripping.     
   L’opera d’arte, non più elemento passivo, instaura un rapporto simbiotico con l’artista concentrando su di essa l’universo delle esperienze esaltanti o frustranti.
   Ma ci sono altri luoghi, teatri della mente, che fanno parte unicamente del nostro io, della nostra esperienza di vita, del nostro modo di essere. Sono i luoghi della memoria, non descritti da teorie o altro, ma dai sensi.   
   I dodici artisti presenti in questa mostra ripercorrono la strada della loro vita attraverso ricordi di viaggi, profumi, materiali, luoghi familiari, sogni, esperienze, introspezioni. Particelle insostituibili del meccanismo cosmico, scrutano l’universo, lo analizzano, restituendolo sotto forma d’impulsi linguistici e strutturali. 
   Le varie tematiche proposte, si snodano così in tentativi di ricerca dove il segno-parola, il segno-immagine e il segno-struttura vengono esplorati attraverso forme e contenuti, travalicando il senso della realtà descrit- ta.   
   Gli schemi compositivi che ne derivano risultano proiettati in canoni evolutivi: nasce un vocabolario di sensi e d’intenti visivi che sfiora e imbriglia la memoria, un gioco nel gioco di cui l’artista, padrone della situazione, ne conosce le regole, componendo e scomponendo il meccanismo imperfetto della realtà (artifex ludens sicut dei). 
                             
Fabrizio Costanzo

 

Ciò che è noto, non è per ciò stesso, conosciuto
Hegel - Scienza della logica
 
Luoghi
 
Quale che sia il loro nome, i luoghi hanno molti nomi. Tanti, quante sono le emozioni. Ci sono giorni felici, sospesi, in cui si offrono - tela perfetta - per una narrazione sorprendente della nostra anima. Mai indifferenti. Stazionano più spesso in un luminoso ed intermittente oblio: gioco della mente, che mantiene viva la sensazione che c’è sempre qualcosa d’altro, che non avevamo visto, qualcosa che emergerà, all’improvviso. Per sorprenderci. Nell’istante in cui cerchiamo di fermarli- in un’immagine pittorica, scultorea, in un verso - sappiamo già che in essi quel qualcosa non riusciremo, né vorremo svelarlo. Per mantenerlo vivo. E chi, di contro, non ha sperimentato la sensazione vivificante, del mostrare a qualcuno un certo taglio di luci e d’ombre, sottili geometrie e forze sottili, impresse in una scalinata, in un vicolo, e di farlo come se quella scalinata, quel vicolo, ci appartenessero? I luoghi sono lì, mappa oggettiva nel mondo, ma sono tanto più nel nostro altrove, rigenerati nella memoria, vividi nella nostra personale geografia. Saturi di vita, sono voragini temporali, in cui, strato dopo strato, si depositano storie gloriose ed infami: talune piccolissime, simili ad un quieto borbottio, altre un lamentarsi, flebile e monotono. Altre sono urlo, rombo di guerra, boato spettrale. Ogni attimo nascono luoghi nei luoghi, una creazione spontanea ed inarrestabile. Nell’accentrare e decentrare sguardi e slanci, generano un movimento, un battito sonoro, il cui andamento sincopato ci narra il nostro essere contemporanei, la nostra memoria del mondo, la nostra responsabilità. Cercatori instancabili, fabbricanti di luoghi, ci muoviamo dentro di essi quasi avessimo una riserva di vita infinita, perché ad ogni passo epoche e stagioni, passate e future, si muovono con noi. Perciò dobbiamo dimenticarli, ogni tanto, renderli leggeri, affini alla nostra curiosità, alla nostra natura incostante. E perchè non diventino sinistramente commestibili dobbiamo sottrarli e restituirli all’oblio senza mai perderne la Memoria.   
Andrea Greco