 |
-
- G.A.M. - Galleria
Arte Moderna
|
|
-
-
Anima, informazione,
malinconia, linguaggio
-
-
La
Gam di Torino ha inaugurato un nuovo corso espositivo
per le proprie opere. L’esperimento, già partito nel
2009, vede una proposizione non legata alla cronologia
della produzione artistica ma esclusivamente di tipo
tematico. In questo caso, i quattro temi sono stati
scelti da tre professori ordinari di varie materie e
università e da uno psichiatra. È positivo - si può
pensare di primo acchito -, ci eviteremo la solita
montagna di “spiegoni” a cui ci costringono
immancabilmente gli storici dell’arte. Invece, parole e
spiegoni li troviamo anche sui muri. Ce l’hanno proprio
per vizio, questa mania di voler spiegare l’arte a tutti
i costi. Insomma, ci spiegano che secondo l’imput dei
quattro cattedratici e la scelta delle opere, che
naturalmente, alla fine è passata nelle mani dei critici
d’arte, nella sezione “Anima” ci vanno Gastaldi,
Pagliai, Spinazzi (chi erano costoro? Il critico che li
citava su “La Repubblica” ne parlava come se fossero
amici suoi. Gran conoscitore…), Nunzio, Nitsch, Nagasawa
e Salvatori. E ancora Hayez, Tapies e Klein, Scanavino e
Paladino. Fortunati loro che hanno a che fare con
l’anima.
-
-
Tutti gli altri no. Per
esempio l’arte povera sta nella sezione “Informazione”.
Anselmo, Merz, Penone,
Pistoletto, Zorio, accompagnati da Nespolo e Otto Dix.
Alla rinfusa nella “Malinconia” Calzolai, Paolini,
Modigliani, Carrà, mettendoci insieme anche Elisa
Sighicelli e Francesca Woodman. Volete sapere quelli
della sezione “Linguaggio”? Ve li risparmio. Alla fine
l’arte, quella che sta nelle opere, arriva poco o non
arriva per niente, inebetita al pari del visitatore da
un “frastuono” di parole, create per spiegare. Ma
spiegare cosa? Io rimango dell’idea che nell’arte ci sia
ben poco da spiegare. Che la critica d’arte sia un
artificio per dare da mangiare a qualcuno che non si è
mai sporcato le mani con la vera creatività. E che i
musei siano la tomba dell’arte. Girando per le varie
sale ho visto la solita processione di signorotte e
signorotti per bene, zaffate di profumo per l’aria,
saluti di rito tra i soliti noti – Vedi? Io lo
conosco l’assessore, il direttore etc. etc. etc. - I
nasi per aria, i commenti a bassa voce. In quelle sale
dalle luci soffuse, col borbottio di sottofondo, il
pensiero spontaneo è stato: Dio che tristezza l’arte! È
questa? È cosi? Io mi dissocio dal rito collettivo
dell’adorazione non pensante, pilotata, spiegata dai
critici. Io lo so che dietro ognuna o tante di quelle
opere c’è dolore, c’è passione e furia creativa. Lo
conosco il travaglio di dipingere. Invece quello che
dimora nei musei ha sempre un odore di stantio. La
passione primigenia è come ammantata da un velo
soffocante. L’arte che rimane nei musei perde la
funzione sociale che aveva avuto nel momento in cui è
stata creata. Passando davanti alle opere di Burri lo
sentivo urlare il suo tormento esistenziale, le sue urla
arrivare direttamente dalla prigionia americana, ma nel
“frastuono” dell’arte parlata, chi le ha sentite con me?
Mi son detto: che razza di posto ti hanno dato, amico
mio? Le tue combustioni qua dentro non prenderanno mai
più fuoco…
-
E lo spiegone
“intellettuale” continua sui giornali, il giorno
successivo all’inaugurazione. Pagine e pagine di carta
stampata usate da altri critici, giornalisti e redattori
per dirci che qualcosa di bellissimo ed eccitante è
successo alla GAM di Torino per il suo nuovo
allestimento: sono state trovate nuove definizioni per
l’arte, per gli artisti e per le loro opere. Come in un
bel gioco di società, opere e artisti vanno mescolati e
ridistribuiti in nuove sezioni e nuove categorie e
qualcuno troverà sicuramente le parole per spiegare il
motivo della loro presenza nella sezione “anima”
piuttosto che in quella della “malinconia”.
-
-
p.s. Odio i musei, s’è
capito. Ma non mi venite a dire che si tratta d’invidia:
io non dipingo più, ora scrivo romanzi!
-
-
Bruno Panebarco
-
Mostra visitata il 3
Marzo 2011
|
Invia questa pagina ad un amico |
|
|
|