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Mostra da Vermeer a Rembrandt
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dall'8 febbraio al 25
maggio 2014
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Ragazza con l’orecchino… una Perla nel
Secolo d’oro.
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Delft,
l’alba, o pieno giorno: poco importa. Qui la vita scorre
tranquilla, sempre uguale. Le donne sono intente
a lavorare, a sbrigare le loro faccende domestiche, i
bimbi giocano, la vita si rinnova pur nella monotonia del
ripetersi dei giorni. Diderot ben caratterizza gli olandesi
del periodo…”sono come formiche umane, si spargono in
tutti i paesi della terra, raccolgono tutto ciò che trovano
di raro, di utile e di prezioso e lo portano nei loro
magazzini...Qui la ricchezza è senza vanità, la libertà
senza insolenza, le imposte senza vessazione né miseria”.
Il cittadino ottiene la certezza della grazia divina
attraverso la realizzazione di sé, condizione essenziale per
intensificare il senso di patriottismo e di solidarietà. A
tutto ciò si aggiunga l’ossessione che gli olandesi mostrano
per la pulizia nelle proprie case, in un periodo in cui
l’igiene personale, nel resto dell’Europa, è appannaggio di
una stretta cerchia di “cultori”. Vermeer, ne La stradina
sottolinea il gioco tra interno ed esterno, la soglia di
casa - al di là della quale s’intravedono le donne immerse
nel loro lavoro - la strada e i palazzi come sinonimo di
decoro, ordine e pulizia. Ecco, il Secolo d’oro, a Delft si
manifesta così, nella compostezza di chi
vive la vita di tutti i
giorni. Il Seicento, in campo artistico, è un periodo in cui
il mercato olandese è dominato dai “fijnschilders”,
pittori che lavorano in finezza e ad ore di lavoro,
scrutando e analizzando ogni dettaglio della realtà. Questa
categoria di artisti si rivolge a committenti ben precisi, i
ricchi mercanti, che mostrano estremo interesse per il
genere proposto. Esiste una vera e propria scala di valori
di tipo commerciale che mette al primo posto le scene di
interni borghesi, le nature morte e le preziose tavole
imbandite rispetto ad altre tematiche come le scene
campestri e le osterie. I temi mitologici, storici, di
guerra e i nudi, per diversi motivi non sono ricercati. La
società olandese evidenzia una ricchezza diffusa, è operosa
e si rispecchia in ciò che la circonda: tavole imbandite,
domestiche al lavoro, bambini, madri, spose, adolescenti
intenti nel compiere azioni quotidiane. L’ideologia
calvinista non permette lo sfarzo delle grandi regge
nobiliari come quelle esistenti in Italia, Francia e
Inghilterra. Le abitazioni hanno dimensioni contenute e
quindi anche i quadri devono essere di piccolo formato. Due
curiosità: l’alto numero dei pittori presenti a Delft e in
tutti i Paesi Bassi e il fatto che due terzi delle
abitazioni abbiano opere appese alle pareti. In questo
contesto opera Vermeer.
Della sua biografia si conosce ben poco: la sua data di
nascita approssimativa, qualche documento ufficiale e
commenti di altri artisti. Sposò Chaterina Bolnes,
cattolica, e da lei ebbe quindici figli di cui undici
sopravvissero. La sua attività artistica andava a rilento e
non bastava a soddisfare le esigenze della famiglia
numerosa. Badò quindi alla locanda del padre fino ad
ereditarla, si dedicò ad attività commerciali varie e
dipinse poco ma in maniera eccelsa. Attualmente si conoscono
trentasei opere del maestro, troppo poche per evitare le
difficoltà economiche che, alla fine, lo spegneranno a soli
quarantatre anni. Le fonti ci riferiscono che il suo talento
venne riconosciuto unanimemente e che fu a capo della Gilda
di San Luca, ma la vita trascorsa per intero a Delft lo
relegherà forzosamente in un ambito pur sempre ristretto per
le sue ambizioni. Vermeer possedeva una tecnica eccelsa. Era
in grado di ottenere colori trasparenti ed una resa vivida e
dinamica applicando piccoli punti ravvicinati (pointillé).
Il procedere scientifico andava al di là dei contenuti. I
soggetti erano solo espedienti per sperimentare e verificare
la sua pittura. Probabilmente, come altri artisti del
periodo, utilizzò la camera oscura per raffigurare
con estrema precisione i suoi personaggi, e ciò
giustificherebbe sia la mancanza di schizzi preparatori che
gli effetti fuori fuoco (di tipo fotografico) che si
riscontrano in alcune opere. I suoi capolavori erano curati
al massimo e dipinti con colori costosissimi e di prima
qualità come il blu oltremare ottenuto dai lapislazzuli. La
vicenda di Vermeer, vero enigma della pittura della Golden
Age (fu soprannominato Sfinge di Delft), è in ogni caso
affascinante, anche in considerazione del fatto che, il noto
falsario olandese Han Van Meegeren, creò e diffuse parecchi
falsi d’autore di Vermeer. Oggi, il Maestro, dopo la
riemersione dall’oblio di oltre due secoli, è considerato
uno degli artisti più autorevoli del Seicento.
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Ragazza
con l’orecchino di perla.
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La “ragazza”
di Vermeer viene fuori dall’oscurità configurandosi, di tre
quarti, nella sua enigmatica dolcezza. E’ come se la giovane
donna – quasi un’adolescente – si fosse nascosta per secoli
nella casa in cui è stata ritratta. Il suo volto ed il
contesto sono molto diversi
da quelli de La lattaia, La merlettaia, La donna con
brocca, La donna in blu, La pesatrice di perle o La ragazza
che legge una lettera presso la finestra. Tutte
queste donne sono attorniate da numerosi oggetti e occupate
nelle loro mansioni o in attività varie, la ragazza con
il turbante, no. In una dimensione silenziosa in cui
l’unità atmosferica e psicologica fa tutt’uno con il tempo e
lo spazio, “la ragazza” si volge indietro, forse
richiamata dall’artista. La sua bocca è semiaperta e
fortemente sensuale. E’ in questo attimo sospeso che inizia
il gioco leggero della seduzione tra la ragazza e l’artista,
fatto di parole non dette, di sguardi innocenti, d’intenti.
L’atteggiamento visivo precede quello tattile e i gesti
rimandano ad una introspezione profonda. Tracy Chevalier,
nel romanzo tratto dall’opera di Vermeer, ci descrive la
storia di Griet, sedici anni, al servizio del pittore. Si
dovrà occupare delle pulizie del suo atelier muovendosi con
circospezione tra i fragili
oggetti. Vermeer s’innamorerà della giovane serva e deciderà
di ritrarla in modo inusuale (pur contro la sua volontà) con
un turbante ed una grossa perla della moglie dell’artista
per presunte esigenze di luce riflessa. La perla sarà
dipinta con rara maestria attraverso due sole pennellate a
forma di goccia separate l’una dall’altra, sufficienti per
farci immaginare l’intera perla.
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L'opera,
oggi, è uscita dalla sua dimora eccellente, il Maurithuis
Museum a l'Aia, in Olanda, per effetto di lavori di restauro
ed ampliamento che attualmente interessano la sua sede. La
chiusura del museo ha indotto la direzione a progettare un
selezionato tour mondiale con al centro l’opera. Bologna é
così diventata l'unica tappa in Italia e in Europa della
preziosa opera, che ha toccato anche il Giappone e gli Stati
Uniti. Tralasciando dal contesto della manifestazione il
corpus delle altre trentasei opere secentesche e “l’effetto
collaterale” degli artisti contemporanei in chiave di
rivisitazione odierna, direi che l’operazione culturale e di
marketing sia stata nel complesso positiva. Goldin ha messo
in atto e coordinato un'imponente macchina organizzativa che
i bolognesi hanno supportato con sagacia, entusiasmo,
accoglienza e spirito imprenditoriale. Io stesso, a Bologna,
ne ho sperimentato di persona l'intero meccanismo
ricevendone un'impressione del tutto positiva. L'input
mediatico, partito dalla città in maniera capillare si è
ulteriormente rinforzato attraverso la collaborazione delle
attività commerciali, la produzione dei gadget, l’editoria,
gli spot nazionali, il romanzo di Tracy Chevalier ed il film
successivamente realizzato da Peter Webber, creando un
feedback culturale e sentimentale di primo piano. Bologna si
è così specchiata nell’immagine della “ragazza”,
assimilandone e riflettendone la luce: alla fine tutti
quanti ci siamo innamorati di quel bellissimo sguardo
delicato e
intrigante…
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Fabrizio Costanzo -
marzo 2014
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