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A "IL
PIACERE DELL'ARTE" ed.
2008
la personale di Mauro
Gambuzzi
Luoghi dell'evento:
oratorio di San Rocco
e sale attrezzate Palestra Scuole Elementari
Ravarino (Modena)
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Presso l'Oratorio San Rocco, nonchè presso la palestra
attrezzata della Biblioteca Comunale di Ravarino
(MO) si svolgerà l'mportante evento artistico e
culturale "il Piacere dell'Arte" ed.2008 dal 7
al 22 giugno 2008, con inaugurazione prevista
per sabato 7 giugno alle ore 17,00. Alla
collettiva parteciperà, in un apposito spazio
espositivo, l'Artista Mauro Gambuzzi con una sua
personale. Gambuzzi presenterà le
ultime opere ad acquarello ed alcune tele
recenti.
L'evento di richiamo nella Provincia di Modena
viene realizzato nel contesto delle
manifestazioni del "Giugno Ravarinese" ed è
organizzato dall'Ass. Culturale ed Artistica "La
bottega degli Artisti", con il patrocinio di
diversi Enti territoriali e del locale comitato
Giugno Ravarinese.
Saranno presenti circa 50 artisti in due diverse
collettive di pittura e fotografia e tre
personali di pittura e scultura fra cui quella
di Mauro Gambuzzi.
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L'artista MAURO
GAMBUZZI presentato da Franco Bulfarini:
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Mauro
Gambuzzi al "Giugno Ravarinese" |
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Nell'ultima
maniera di Gambuzzi vige: “La danza del colore”.
Oggi in tempi di auto celebrazioni, è facile illudere se stessi
e gli altri ed assurgere allo status di artisti in un batter
d'occhio, può bastare qualche ripresa televisiva o una blasonata
e spesso costosa recensione critica, per illudere ed illudersi
per rimanere confusi ed anche per confondere la moltitudine dei
non addetti ai lavori. Questo apparire alle cronache, per avere
la tanto inseguita visibilità credo sia una vera e propria
“pandemia” dei nostri tempi. L'arte come prodotto viene di
frequente cavalcata dai commercianti, mai paghi di novità, per
lanciare una moda vincente sul mercato delle illusioni.
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Spesso si trascura
persino la storia di un artista il suo vissuto, la sincerità e
genuinità della proposta, il senso profondo di questa, la
valenza culturale.
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E' il gioco perverso di un'informazione, sovente amplificante,
che dilata la realtà, fino ad essere essa stessa elemento
fondante della valenza artistica, assumendo l'opera d'arte
frequente connotazione di una sia pure ben costruita operazione
mercantile. E' l'ingranaggio del profitto prevalente più che mai
nella nostra epoca a distrarre dai valori autentici, macinando
in tal modo molte vittime inconsapevoli, per le aspettative od
illusioni non di rado vanificate dopo poche stagioni. Ma è
giusto trattare l'arte come una qualsiasi merce di scambio, non
è forse l'arte qualcosa di diverso e di più significativo? Non
vi è forse in essa un valore aggiunto che la distingue da altri
prodotti di mercato? Per quanto mi riguarda ritengo credibile
l'espressione artistica che contiene in se una moralità,
un'idealità oltre che una tecnica degna se non peculiarmente
eccelsa, certamente distinguente e tale da indurre quel rispetto
che prescinde dal valore economico ma rivolge lo sguardo oltre,
al valore storico ed ideale.
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L'arte non può essere considerata merce comune, né semplice
prodotto dell'intelletto e nemmeno ritengo la si possa
equiparare ad una produzione di carattere artigianale, pur di
alto o altissimo livello, senza togliere nulla al merito di
quest'ultima.
L'arte a mio parere veicola sul piano cosciente e di superficie
le istanze interiori dell'artista, si
potrebbe dire che viva in simbiosi col suo “io” profondo,
producendo in esso tracce od incisioni che penetrano l'alveo più
intimo della coscienza, tramutandosi in frequenti e corroboranti
sferzate di novità, che si riversano tramite l'opera nella
società, finendo per costruire inedite prospettive non solo
ottiche, ma ideali. Non di rado l'arte col suo potere
rigenerante, riesce ad anticipare i modi di un futuro prossimo
di cui l'artista si propone quale fondatore o precursore, grazie
alla preparata e connaturata sensibilità.
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E' nel “DNA”
dell'artista interpretare le istanze che la società produce,
siano esse di vivacità feconda che di declino.
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L'arte amplifica e coglie le emergenze della storia, osa
affermare valori nuovi ma anche ne recupera antichi dal passato,
per riscoprirli e farli rivivere con nuove tensioni. L'artista
autentico sente in sé turbinii interiori, sensazioni vibranti,
pulsioni emotive e motivazionali, fermenti di energia che devono
trovare via e modo per esprimersi, onde far emergere l'animosa
voce interiore in superficie e finalizzarla a tracciare solchi
emozionali, significativi e pertanto riscontrabili nel mondo e
nell'universo stesso del visibile. La vera arte lascia tracce
durevoli ed appare non solo una proposta originale ma
soprattutto svela una personalissima visione delle cose e della
vita. Occorre affermare con chiarezza che l'arte è cultura, non
banalità, ma studio, approfondimento, dedizione, scopo primario,
basti guardarsi alle spalle, ai grandi del passato per
rendersene conto. Gli artisti che sono entrati nella storia
tanto sono stati significativi ed importanti quanto sapevano
cogliere le istanze del proprio tempo ed essere premonitori del
futuro. Come non vedere in Giotto, Michelangelo, Tiziano o nei
tanti altri protagonisti assoluti prima e dopo di loro, uomini
ben inseriti nel loro tempo, attenti scrutatori e conoscitori
delle istanze sociali, intelligenti osservatori del loro mondo
per poi addivenire per tale via alla composizione di percorsi
inediti, se non geniali, arditi e non di rado producendo
provocazioni dettate dal bisogno di edificare il nuovo per
potersi in tal modo affrancare dal passato onde convergere nella
direzione dell'avvenire.
Ed è per questo che generazioni di artisti erano tenaci,
perseveranti, instancabili, dediti corpo e mente al loro
obiettivo alto…, certo questo avviene in molte professioni, ma
come non ritenerlo essenziale ed imprescindibile per l'artista.
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Per pervenire ad un prodotto d'arte meritevole dell'appellativo
“arte autentica” e quindi ad un'espressione che superi il mero
artigianato sia pure eccelso, non è bastevole prendere pennello
e colori o in modo più attuale ed eclatante incendiare sacchetti
di plastica o fondere catrame o riempire contenitori o bucare
tele o impacchettare monumenti se poi certe cose le hanno già
fatte altri ed in altri tempi e spazi, molto meglio per
l'artista contemporaneo scrutare se stesso, per poi leggere le
società di appartenenza, le umane confraternite, onde
comprendere il proprio tempo e la sociale dimensione, per
pervenire in fine con un'adeguata capacità tecnica ma anche di
analisi, non semplicemente superficiale, ad edificare l'opera,
il prodotto finale frutto di un corroborante lavoro di
intelletto e non solo di mestiere, senza peraltro mai farsi
mancare un'alta dose di creatività e di innato talentuoso
approccio.
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La
semplice passione e dedizione dunque non basta a formare un buon
pittore o scultore o fotografo, né è sufficiente a definire un
artista e la validità di una proposta, occorrono come si è detto
molte altre cose, poiché l'arte autentica è un'esperienza
condizionante della vita, non un lavoro qualsiasi, come tale
assume a necessario corollario la costante abnegazione, sovente
a scapito di esigenze famigliari ed altro, questo per tutte le
arti, ma ancor più dicasi per la pittura e la scultura. Ecco
quindi i dettami, gli ingredienti severi di un piatto artistico
di base, ma il tocco finale quello che fa la differenza fra un
esito artistico mediocre rispetto ad altro degno di nota se non
addirittura eccezionale è un connotato assai prezioso: il
talento, questa parolina magica è sì cosa innata che non la
compri al mercato, ma è anche l'unico ingrediente che trasforma
una minestra mediocre se non insipida in un qualcosa di ben
commestibile, un piatto unico e prelibato. Ecco che si
concretizza al fine, per mezzo di abnegazione, conoscenza del
proprio tempo e talento personale quello che è l'obiettivo
primario per ogni artista ovvero la conquista di uno stile
personalissimo che solo può emotivamente coinvolgere se non
emozionare o far esultare il fruitore. Di certo l'opera d'arte
se tale, non può accontentarsi di lasciare indifferente chi
l'osserva, ma deve emozionare, non si parla di brutto o di bello
in senso meramente decorativo, ma della capacità di
sensibilizzare l'osservatore, creando quel patos comunicativo ed
immaginifico che non può non esserne connotato essenziale.
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Ora dopo aver divagato sul concetto d'arte e sulle varie
implicazioni, ch'é troppo ancora vi sarebbe da dire, cercherò di
rendere il senso della proposta artistica di un pittore che
potrei definire di provincia, ma per questo non meno
interessante: Mauro Gambuzzi, quest'artista e di artista ritengo
si possa parlare come vorrò dimostrare, fin da ragazzo aveva ben
compreso che l'arte era qualcosa di più e di diverso di un
semplice esercizio, ma anche che sentirsi artista dentro non
assicurava di poter esserlo concretamente senza una imprimitura
o formazione attenta e significativa, infatti il contenuto
interiore necessita per esplicarsi sul piano sensibile e
sensoriale, nel modo migliore e più incisivo, una conoscenza
tecnica che consenta all'opera di addivenire ad una certa
efficacia interpretativa, cosa che solo il lavoro costante, la
tenacia e l'attitudine personale oltre al tempo possono
forgiare, poi su questa base si potrà dire dell'altro e di più
in base a quanto ci sia in noi da esprimere.
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Il Gambuzzi ragazzo sente che vi è un ordine delle cose, un
percorso di apprendistato indispensabile, da affrontare per
crescere nella vita ma anche nell'arte e mette il disegno al
primo posto quale priorità, si potrebbe dire parafrasando una
“condicio sine qua non”.
Come non vi è fumo senza fiamma, così non vi è arte né artista
in mancanza di una conoscenza
approfondita del fattore tecnico che è da porsi alla base di
ogni disciplina, compreso quella artistica, questo è vero quanto
è vero che arte in Greco si traduce “ TEKNE ” pur senza voler
entrare a complicarsi la vita nell'approfondire la storica
dicotomia fra tecnica ed arte. Basti qui citare una frase del
noto architetto Renzo Piano che fra l'altro recita: “L'artista è
colui che riesce a padroneggiare una tekné e ad usarla per
realizzare il suo obiettivo...".
Dunque Mauro cerca di apprendere i fondamentali, per voler
leggere occorre alfabetizzarsi, ed è
nell'infanzia ed adolescenza che affronta con impegno sia pure
da autodidatta ed a fasi alterne, una costante
“alfabetizzazione” artistica. Innumerevoli sono le
sperimentazioni dei primi anni e ben presto sufficientemente
padrone delle chiavi del disegno si cimenta nella tecnica del
ritratto.
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Di questo primo periodo sono numerosi i ritratti del nonno e di
vari famigliari, ma poi sente di essere pronto per il colore,
per le sperimentazioni ed il contatto con altri artisti.
Si accosta con umiltà e senso di ammirazione al lavoro dei
maestri, di coloro che hanno segnato le epoche dell'arte i
precursori, in primis “Pablo Picasso” ed in particolare il suo
primitivismo cubista. Al contempo forse per vicinanza
territoriale sente l'influsso del maestro bolognese Giorgio
Moranti.
Gambuzzi realizza le prime opere a colori non scolastiche
intorno ai 12 anni, esprimendosi attraverso l'utilizzo di
diverse modalità tecnico espressive, dal disegno alla pittura ad
olio su tela. L'artista dopo vicende alterne ed alcuni momenti
di abbandono, nei primi anni ottanta trova le motivazioni per
approfondire la tecnica a spatola. Realizza in tale modalità
opere di intensa visionarietà cromatica, fortemente retiniche
finalizzate ad esprimere vitalità ed energia.
E' questo il periodo dedicato all'osservazione attenta della
realtà della natura, ove il colore null'altro tende che ad
esprimere con pienezza di visione ed in modo del tutto empirico,
il visibile delle cose, prevalentemente nature morte e paesaggi,
ma anche a cogliere le vibrazioni della luce.
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Una pittura
oggettuale, realistica ma espressa con tecnica di richiamo
impressionista. Grazie al competente utilizzo di questa tecnica,
prendono vita numerose opere, che fanno emerge la tematica di
fondo, il filo conduttore di questo artista che lo vede legato a
filo diretto con la natura, da interpretare necessariamente dal
vero: “En plen air”.
Dopo questo momento intenso e partecipato, Mauro perverrà alla
riscoperta dell'acquarello, complice un'incontro furtivo e del
tutto casuale con un'artista di Urbino incontrato sulla spiaggia
di Gabicce Mare nelle Marche. Mauro che già conosceva questa
tecnica ne scopre nuove potenzialità, come quella di poter
esprimere senso di movimento, luce, e maggiori trasparenze.
Nell'acquerello Gambuzzi non manca di rispettare quasi con
sacralità il bianco del foglio, ove fissa i lumi estremi e più
alti. Un lavoro che inizialmente vive di precisione, pazienza,
dove mettere a frutto l'abilità di disegnatore, per poi trovare
esaltazione nella definizione di cromie brillanti e trasparenti,
definite con sensibile empatia visiva, resa percettibile
nell'immediatezza del pronunciamento. Colori che sanno
coinvolgere alludono a frementi slanci emotivi, resi possibili
dall'immediatezza esecutiva che questa tecnica consente. Mauro
ricerca pigmenti adeguati, provando e riprovando, fino a far
emergere profonde emotività cromatiche dalle sue visioni,
scoprendo anche che velocità di esecuzione deve tuttavia
coniugare con paziente riflessione e ricerca, poiché ivi vige la
saggezza.
Gambuzzi opera nello studio delle forme e dello spazio, gli
oggetti o i paesaggi sono letti con armoniosa leggerezza, quasi
a voler entrare in una dimensione altra, fortemente meditativa.
L'acquarello diviene quindi una priorità per questo artista, una
tecnica che lo avvince, ed è per questa via che egli trova la
sua identità artistica e consolida uno stile ben distinto e del
tutto peculiare ed autorevole.
Procedendo per ordine e valutando le opere ed in particolare la
produzione ad acquarello, con attenzione cronologica, possiamo
identificare l'apparire consecutivo di diversi stili. Da prima
prevale il bisogno di scrutare la realtà della forma immagine,
nelle sue appartenenze prospettiche ed oggettuali, estetiche e
luministiche. L'oggetto viene studiato indagato, si potrebbe
dire sezionato come sul tavolo del chirurgo, poi illuminato da
luce artificiale in una visione lenticolare, attenta alle minime
vibrazioni del colore, ove la ricerca di equilibrio formale si
confronta con la composizione, che se nelle nature morte provoca
qualche istanza metafisica, nei paesaggi richiama le vivaci
esaltazioni futuriste nella volontà di esprimere
l'azione/movimento.
Ma molto di più inciderà in Mauro Gambuzzi la scoperta degli
impressionisti, della luce diurna, degli elementi naturalistici,
dell'aria, delle brume del vento, delle nebbie ed atmosfere. La
sua
interpretazione da acquerellista se da un lato richiama elementi
di dinamismo di richiamo neo-futurista, dall'altro non tralascia
una visione che ricorda sia pure in tutt'altra modalità trova
riferimenti nell'operato del grande Joseph Mallord William
Turner, il famoso pittore inglese esponente della corrente
romantica. Gambuzzi tuttavia rimane fedele interprete della
terra padana, delle sue brume, delle sue nebbie, ma anche delle
splendenti ed assolate primavere, come delle afose estati.
La veduta di paesaggio gli è quindi di grande ispirazione e
diviene nell'artista evidente dimensione esistenziale, ove
stemperare ogni pulsione ed umore nel giocare non di rado con
pennellate nervose, irrequiete, ma mai esitanti ove emergono gli
elementi atmosferici propri del suo modo singolare di
interpretare il paesaggio. Un'illustrazione che appare quasi
dettata da “un gesto istintivo”, per i tocchi veloci, tuttavia
non casuali, decisi eppure garbati di appropriato accostamento
cromatico, inneggianti al sentimento della natura rappresentata
ma anche vissuta intimamente.
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Gambuzzi descrive in siffatto modo la sua terra ed in
particolare la vita dei campi al trascorrere
delle stagioni, soffermandosi in contemplazione ammirata sulle
luci dell'alba e del tramonto, vivendo le affocate estati
dell'Emilia, le nebbie autunnali e le bianche nevicate che
ammantano i
campi con abbraccio protettivo oltre che fecondo accompagnando i
lunghi inverni padani, prima di lasciare il passo alla stagione
del risveglio ove il palpito germogliante della natura si
trasformerà in primavera, esaltante ed inebriante estasi di
profumi e sonorità.
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Ecco che lavoro
dopo lavoro, opera dopo opera il nostro artista acquista quella
necessaria scioltezza interpretativa, che gli consente oggi di
esprimersi con una nuova modalità, certamente più libertà e
distintiva, legata sia al dinamismo di cui si è detto ma anche
sempre più attenta a cogliere modi espressionisti ed al contempo
iniziando un processo ancora in corso di decostruzione
dell'immagine che appare sempre più astratta o liberamente
informale.
Anche le cromie mutano notevolmente ed assumono una carica
inedita, di incantamento, frequentemente espressa con colori
caldi, che lasciano intendere il bisogno di far emergere gioiose
emozioni, più che valori ottici in sé.
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Oggi Mauro
Gambuzzi raccoglie il frutto di anni di continuo impegno formale
per arrivare a coniare uno stilema fortemente espressivo.
I colori debbono emozionare, e il dipinto deve esprimere
sicurezza ed immediatezza, mettendo in
secondo piano la necessità del dettaglio per dare maggior spazio
all'istinto. Si riduce negli ultimi anni lo spazio dedicato alla
rappresentazione dell'oggetto che diviene meno rilevante, ove al
primo posto assurge il sentimento del colore. L'oggetto della
rappresentazione paesistica è sempre presente, ma soggiace
rilegato ad una parvenza, ad un tenue richiamo lontano,
difficile da enucleare se non con una lettura molto attenta.
Dunque Gambuzzi approda a quella che si potrebbe indicare come
la maturità artistica, ove affrontare con la raggiunta proprietà
di mezzi tecnici ed espressivi, si potrebbe dire con voce
educata il canto del colore, la misura intima che dal “ cromos ”
promana, che diviene valore in se, contenuto etico e vivificante
del mondo di appartenenza, dinamico e tenace, legato ai valori
della terra ma anche alla ricerca dello spirito ove riscontrare
elevazione.
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Quella che
Gambuzzi esprime è una visione sempre meno oggettuale o retinica
e sempre più sentimentale. Ecco che il Gambuzzi odierno
consapevole di aver trovato la propria legittima e personale
verità artistica, intende riprendere da dove aveva iniziato, mi
parla di nuove sperimentazioni, di creazioni scultoree
istintive, definibili come visioni che assumono connotato
diPercorsi inediti eruditi di un'artista che ha inseguito
tenacemente un sogno, ma sempre con i piedi a terra, credendoci
fino in fondo. Egli non nega, con modestia, di essere per
l'aspetto artistico autodidatta, anche se educato dalla
appassionata scolarizzazione spesso casuale fornitagli da
diversi maestri ed amici artisti come risulta dalla sua
biografia. E' in lui la consapevolezza di avere fatto tutti i
passi utili per non improvvisare e per questa via di continuo
approfondimento e ricerca aver creato uno stile personale, che
mi pare assolutamente degno di considerazione.
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Egli oggi per gli
artisti che ne condividono l’esperienza, o che hanno lavorato o
lavorano al suo
fianco, nonché per i tanti estimatori è un maestro non solo
acquerellista, ma ancor più un artista che ha esplorato in tutte
le direzioni, dalla matita all’incisione, dalla ceramica
all’olio e alle chine, dalla pittura alla scultura. La sua è ed
è stata una conquista del colore ma anche della forma, che gli
ha conferito una certa notorietà ed ammirazione di tanti
collezionisti, amici artisti e non, ma anche non mancando
consensi importanti di addetti ai lavori.
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Oggi Gambuzzi non
certamente pago, ma anzi ancor più motivato, anche perché con
ben più completa consapevolezza d’intenti e di obiettivi, sente
impellente l’esigenza di riavvicinarsi alla materia, di
rimettersi in gioco di riscoprire le tensioni plastiche dei
colori ad olio ed ancor più della scultura a tutto tondo ma
anche il bisogno di operare con nuovi materiali contestuali al
nostro tempo, ed è in questa direzione ricca di propositi che si
orientano le ultime opere, pur continuando al contempo la
ricerca coi colori ad acqua che gli hanno consentito di
esprimersi con compiuta consapevolezza nel corso degli anni.
Gambuzzi acquerellista opera con tale sicurezza e maestria da
far percepire nell’immagine “la danza del colore”, quasi in un
balletto ispirato da mille volteggi e sfarfallii di luce. La sua
sfida per i prossimi anni, ed è una promessa, è riuscire ad
esprimere la stessa cifra stilistica e lo stesso approdo tecnico
con altre modalità materiali, forse per sorprenderci forse per
sognare ancora insieme a noi nuovi palpiti di luce.
Sono certo conoscendolo, che non mi farà mancare piacevoli
sorprese.
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Franco Bulfarini
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Biografia
essenziale di Mauro Gambuzzi
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L’amore per l’arte
può iniziare in tanti modi, spesso come una miccia
interiore che attende l’immancabile fiamma della
passione per attizzare ed accendere l’animo prima
che la mente. Nel caso di Mauro Gambuzzi (Mirandola
MO – 15/12/1952) ora cittadino di Crevalcore (BO),
deve essere stato significativo l’imprinting di un
bravo insegnante delle medie inferiori, certo M.
Pelloni di Modena.
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Mauro negli anni
giovanili ama il disegno dal vero, il fumetto, ma
anche dipinge su tela, soffermandosi a lungo sulla
tecnica del ritratto. Intorno ai 18 anni
frequentando diverse librerie, scopre il cubismo
e Pablo Picasso. L’impatto è forte. Egli
comprende da subito che senza conoscenza del
passato, dei grandi artisti e movimenti non avrebbe
potuto trovare la propria via. Mauro inizia
saggiamente un lungo apprendistato, fatto di
incontri con altri artisti, di ore a cavalletto, ma
anche di letture e visite alle grandi mostre e
musei. Di questo periodo si ricordano numerose
opere realizzate dal vero e spesso all’aperto
stimolato dal godimento visivo della luce che fu
colta già dagli ammirati impressionisti. Negli anni
successivi ripercorre anche esperienze surreali e si
avvicina ai modi del Futurismo. Mai copie le sue, ma
opere di studio atte a confrontarsi con i movimenti
di avanguardia del primo novecento. L’intenzione era
certamente di carpire il sentimento della storia,
quasi a volersi insinuare con percorso a ritroso
nella mente di quegli artisti, che tanto seppero
innovare con le loro esperienze feconde di
capolavori. L’intento avallato da Mauro era quello
di approdare alla conoscenza dei movimenti artistici
per comprendere a fondo il fluire dell’arte
nell’itinere della storia. Di questo periodo si
ricordano i ritratti del nonno e di parenti,
realizzati con varie metodiche tecniche e sempre dal
vero, sia cogliendo la forza espressiva del
monocromo sia sperimentando le potenzialità del
colore. Seguiranno studi sugli animali ed in
particolare volatili, per meglio comprenderne le
forme ed il movimento. Molti lavori di questo
periodo sono realizzati con tecnica ad olio su tela.
Negli anni ’80 oltre all’utilizzo di chine e
tecniche miste, Gambuzzi approfondisce la tecnica
dell’acquerello realizzando opere all’aperto spesso
nei campi a contatto con la luce naturale dei luoghi
agresti della grande pianura padana ma anche in
diversi soggiorni al mare ove avviene in quel di
Gabicce Mare (PS), un’incontro casuale ma
significativo con un maestro acquerellista di Urbino
che gli fa comprendere tutte le potenzialità proprie
di questa pregevole tecnica. Fra le lezioni utili
alla formazione di questo artista, come non
ricordare quelle del maestro U. Bastia
(acquerellista di fama nazionale vicino alla scuola
di Modiglioni e Morandi). Negli anni 1982 e 1984
lavora prevalentemente a spatola su tela o tavola,
presentandosi in diverse mostre personali, ove si
propone con uno stile già solido, da ricordare la
personale tenuta a Crevalcore, presso la galleria
civica Porta Modena nell' 82. Nel 1983
frequenta un corso di ceramica con la maestra Carla
Gobbo ( laureata in arte ceramica). Si ricordano
sempre nel 1983 la collettiva a Castelfranco
E. (centro culturale comunale), poi seguirà la
personale a San Giovanni P. galleria Hebuterne
nell' '84. Sempre nello stesso anno riceverà una
commessa da parte del Comune di Crevalcore BO, per
circa 150 opere (piccolo formato), ed inoltre si
iscriverà al circolo culturale “Pigozzi” di
Crevalcore BO. Sono del 1984, 85, 86, 89 le
collettive alla gall. Montparnasse di Casalecchio
(BO) (con premi nella sez.acquarello). Personale a
Crevalcore, oratorio Santa Maria nel '94,
personale a Concordia s/S. nel 2.000. Nel
2001 estemporanee varie (in part. Poggio Rusco)
3° premio acquisto. Gambuzzi si iscrive ad
“Educazione Permanente” (circolo culturale
Crevalcorese), assumendo ben presto il ruolo di
“maestro di pittura”. Il critico/pittore Danilo
Ghelfi (curatore della Galleria Porta Modena di
Crevalcore) interviene a recensirne l’operato,
apprezzandone il talento. Gambuzzi artista
completo, oltre all’acquerello che gli è congeniale,
ha esplorato anche le tecniche dell’incisione, della
ceramica e della scultura nelle varie metodiche.
Diverse sono state le partecipazioni a concorsi di
pittura ove non sono mancati riconoscimenti anche di
prestigio. Nel 2003 si iscrive all’ass. “la Bottega
degli Artisti”, con sede a Ravarino (MO), ass.
artistica e culturale che opera a livello regionale
e che raccoglie artisti da più province e regioni
italiane in una visione dell’arte a 360 gradi,
connubio di poeti, fotografi, pittori, scultori e
grafici, un luogo per nuovi incontri ed impulsi
indispensabili per chi opera nel campo dell’arte. Da
subito accolto come maestro Mauro Gambuzzi ritrova
nuovi stimoli, tiene diversi corsi di acquarello ed
è “maestro” in ambito associativo. Diverse le
manifestazioni con questa associazione molto attiva.
Nel 2003 in Gambuzzi nasce l’esigenza di una
svolta, volendo esplorare nuovi percorsi ove il
segno sia più libero, istintivo e per questo si
allontana gradualmente dalla figurazione,
nell’intento di dare priorità alla forza del colore
in senso espressionista ed al contempo decisamente
informale. Gambuzzi ha mantenuto fede ad una grande
passione fino a poter pervenire ad uno stile
convincente e fortemente distintivo, tale da rendere
giustizia di tanti anni di lavoro e di perseveranza
dando credito al suo innato talento.
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Cenno
biografico a cura di: Franco Bulfarini
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