Ravarino  (Modena)
SEDI  VARIE
 
 

 

 
A   "IL PIACERE DELL'ARTE" ed. 2008
la personale di
Mauro Gambuzzi

 Luoghi dell'evento: oratorio di San Rocco
e sale attrezzate Palestra Scuole Elementari
 
Ravarino (Modena)

 
Presso l'Oratorio San Rocco, nonchè presso la palestra attrezzata della Biblioteca Comunale di Ravarino (MO) si svolgerà l'mportante evento artistico e culturale "il Piacere dell'Arte" ed.2008 dal 7 al 22 giugno 2008, con inaugurazione prevista per sabato 7 giugno alle ore 17,00. Alla collettiva parteciperà, in un apposito spazio espositivo, l'Artista Mauro Gambuzzi con una sua personale. Gambuzzi presenterà le ultime opere ad acquarello ed alcune tele recenti.

L'evento di richiamo nella Provincia di Modena viene realizzato nel contesto delle manifestazioni del "Giugno Ravarinese" ed è organizzato dall'Ass. Culturale ed Artistica "La bottega degli Artisti", con il patrocinio di diversi Enti territoriali e del locale comitato Giugno Ravarinese.

Saranno presenti circa 50 artisti in due diverse collettive di pittura e fotografia e tre personali di pittura e scultura fra cui quella di Mauro Gambuzzi.

 

 
L'artista MAURO GAMBUZZI presentato da Franco Bulfarini:

 

Mauro Gambuzzi al "Giugno Ravarinese"

 
Nell'ultima maniera di Gambuzzi vige: “La danza del colore”.
Oggi in tempi di auto celebrazioni, è facile illudere se stessi e gli altri ed assurgere allo status di artisti in un batter d'occhio, può bastare qualche ripresa televisiva o una blasonata e spesso costosa recensione critica, per illudere ed illudersi per rimanere confusi ed anche per confondere la moltitudine dei non addetti ai lavori. Questo apparire alle cronache, per avere la tanto inseguita visibilità credo sia una vera e propria “pandemia” dei nostri tempi. L'arte come prodotto viene di frequente cavalcata dai commercianti, mai paghi di novità, per lanciare una moda vincente sul mercato delle illusioni.
Spesso si trascura persino la storia di un artista il suo vissuto, la sincerità e genuinità della proposta, il senso profondo di questa, la valenza culturale.

E' il gioco perverso di un'informazione, sovente amplificante, che dilata la realtà, fino ad essere essa stessa elemento fondante della valenza artistica, assumendo l'opera d'arte frequente connotazione di una sia pure ben costruita operazione mercantile. E' l'ingranaggio del profitto prevalente più che mai nella nostra epoca a distrarre dai valori autentici, macinando in tal modo molte vittime inconsapevoli, per le aspettative od illusioni non di rado vanificate dopo poche stagioni. Ma è giusto trattare l'arte come una qualsiasi merce di scambio, non è forse l'arte qualcosa di diverso e di più significativo? Non vi è forse in essa un valore aggiunto che la distingue da altri prodotti di mercato? Per quanto mi riguarda ritengo credibile l'espressione artistica che contiene in se una moralità, un'idealità oltre che una tecnica degna se non peculiarmente eccelsa, certamente distinguente e tale da indurre quel rispetto che prescinde dal valore economico ma rivolge lo sguardo oltre, al valore storico ed ideale.

L'arte non può essere considerata merce comune, né semplice prodotto dell'intelletto e nemmeno ritengo la si possa equiparare ad una produzione di carattere artigianale, pur di alto o altissimo livello, senza togliere nulla al merito di quest'ultima.
L'arte a mio parere veicola sul piano cosciente e di superficie le istanze interiori dell'artista, si
potrebbe dire che viva in simbiosi col suo “io” profondo, producendo in esso tracce od incisioni che penetrano l'alveo più intimo della coscienza, tramutandosi in frequenti e corroboranti sferzate di novità, che si riversano tramite l'opera nella società, finendo per costruire inedite prospettive non solo ottiche, ma ideali. Non di rado l'arte col suo potere rigenerante, riesce ad anticipare i modi di un futuro prossimo di cui l'artista si propone quale fondatore o precursore, grazie alla preparata e connaturata sensibilità.
E' nel “DNA” dell'artista interpretare le istanze che la società produce, siano esse di vivacità feconda che di declino.

L'arte amplifica e coglie le emergenze della storia, osa affermare valori nuovi ma anche ne recupera antichi dal passato, per riscoprirli e farli rivivere con nuove tensioni. L'artista autentico sente in sé turbinii interiori, sensazioni vibranti, pulsioni emotive e motivazionali, fermenti di energia che devono trovare via e modo per esprimersi, onde far emergere l'animosa voce interiore in superficie e finalizzarla a tracciare solchi emozionali, significativi e pertanto riscontrabili nel mondo e nell'universo stesso del visibile. La vera arte lascia tracce durevoli ed appare non solo una proposta originale ma soprattutto svela una personalissima visione delle cose e della vita. Occorre affermare con chiarezza che l'arte è cultura, non banalità, ma studio, approfondimento, dedizione, scopo primario, basti guardarsi alle spalle, ai grandi del passato per rendersene conto. Gli artisti che sono entrati nella storia tanto sono stati significativi ed importanti quanto sapevano cogliere le istanze del proprio tempo ed essere premonitori del futuro. Come non vedere in Giotto, Michelangelo, Tiziano o nei tanti altri protagonisti assoluti prima e dopo di loro, uomini ben inseriti nel loro tempo, attenti scrutatori e conoscitori delle istanze sociali, intelligenti osservatori del loro mondo per poi addivenire per tale via alla composizione di percorsi inediti, se non geniali, arditi e non di rado producendo provocazioni dettate dal bisogno di edificare il nuovo per potersi in tal modo affrancare dal passato onde convergere nella direzione dell'avvenire.
Ed è per questo che generazioni di artisti erano tenaci, perseveranti, instancabili, dediti corpo e mente al loro obiettivo alto…, certo questo avviene in molte professioni, ma come non ritenerlo essenziale ed imprescindibile per l'artista.

Per pervenire ad un prodotto d'arte meritevole dell'appellativo “arte autentica” e quindi ad un'espressione che superi il mero artigianato sia pure eccelso, non è bastevole prendere pennello e colori o in modo più attuale ed eclatante incendiare sacchetti di plastica o fondere catrame o riempire contenitori o bucare tele o impacchettare monumenti se poi certe cose le hanno già fatte altri ed in altri tempi e spazi, molto meglio per l'artista contemporaneo scrutare se stesso, per poi leggere le società di appartenenza, le umane confraternite, onde comprendere il proprio tempo e la sociale dimensione, per pervenire in fine con un'adeguata capacità tecnica ma anche di analisi, non semplicemente superficiale, ad edificare l'opera, il prodotto finale frutto di un corroborante lavoro di intelletto e non solo di mestiere, senza peraltro mai farsi mancare un'alta dose di creatività e di innato talentuoso approccio.

La semplice passione e dedizione dunque non basta a formare un buon pittore o scultore o fotografo, né è sufficiente a definire un artista e la validità di una proposta, occorrono come si è detto molte altre cose, poiché l'arte autentica è un'esperienza condizionante della vita, non un lavoro qualsiasi, come tale assume a necessario corollario la costante abnegazione, sovente a scapito di esigenze famigliari ed altro, questo per tutte le arti, ma ancor più dicasi per la pittura e la scultura. Ecco quindi i dettami, gli ingredienti severi di un piatto artistico di base, ma il tocco finale quello che fa la differenza fra un esito artistico mediocre rispetto ad altro degno di nota se non addirittura eccezionale è un connotato assai prezioso: il talento, questa parolina magica è sì cosa innata che non la compri al mercato, ma è anche l'unico ingrediente che trasforma una minestra mediocre se non insipida in un qualcosa di ben commestibile, un piatto unico e prelibato. Ecco che si concretizza al fine, per mezzo di abnegazione, conoscenza del proprio tempo e talento personale quello che è l'obiettivo primario per ogni artista ovvero la conquista di uno stile personalissimo che solo può emotivamente coinvolgere se non emozionare o far esultare il fruitore. Di certo l'opera d'arte se tale, non può accontentarsi di lasciare indifferente chi l'osserva, ma deve emozionare, non si parla di brutto o di bello in senso meramente decorativo, ma della capacità di sensibilizzare l'osservatore, creando quel patos comunicativo ed immaginifico che non può non esserne connotato essenziale.

Ora dopo aver divagato sul concetto d'arte e sulle varie implicazioni, ch'é troppo ancora vi sarebbe da dire, cercherò di rendere il senso della proposta artistica di un pittore che potrei definire di provincia, ma per questo non meno interessante: Mauro Gambuzzi, quest'artista e di artista ritengo si possa parlare come vorrò dimostrare, fin da ragazzo aveva ben compreso che l'arte era qualcosa di più e di diverso di un semplice esercizio, ma anche che sentirsi artista dentro non assicurava di poter esserlo concretamente senza una imprimitura o formazione attenta e significativa, infatti il contenuto interiore necessita per esplicarsi sul piano sensibile e sensoriale, nel modo migliore e più incisivo, una conoscenza tecnica che consenta all'opera di addivenire ad una certa efficacia interpretativa, cosa che solo il lavoro costante, la tenacia e l'attitudine personale oltre al tempo possono forgiare, poi su questa base si potrà dire dell'altro e di più in base a quanto ci sia in noi da esprimere.

Il Gambuzzi ragazzo sente che vi è un ordine delle cose, un percorso di apprendistato indispensabile, da affrontare per crescere nella vita ma anche nell'arte e mette il disegno al primo posto quale priorità, si potrebbe dire parafrasando una “condicio sine qua non”.
Come non vi è fumo senza fiamma, così non vi è arte né artista in mancanza di una conoscenza approfondita del fattore tecnico che è da porsi alla base di ogni disciplina, compreso quella artistica, questo è vero quanto è vero che arte in Greco si traduce “ TEKNE ” pur senza voler entrare a complicarsi la vita nell'approfondire la storica dicotomia fra tecnica ed arte. Basti qui citare una frase del noto architetto Renzo Piano che fra l'altro recita: “L'artista è colui che riesce a padroneggiare una tekné e ad usarla per realizzare il suo obiettivo...".
Dunque Mauro cerca di apprendere i fondamentali, per voler leggere occorre alfabetizzarsi, ed è nell'infanzia ed adolescenza che affronta con impegno sia pure da autodidatta ed a fasi alterne, una costante “alfabetizzazione” artistica. Innumerevoli sono le sperimentazioni dei primi anni e ben presto sufficientemente padrone delle chiavi del disegno si cimenta nella tecnica del ritratto.

Di questo primo periodo sono numerosi i ritratti del nonno e di vari famigliari, ma poi sente di essere pronto per il colore, per le sperimentazioni ed il contatto con altri artisti.
Si accosta con umiltà e senso di ammirazione al lavoro dei maestri, di coloro che hanno segnato le epoche dell'arte i precursori, in primis “Pablo Picasso” ed in particolare il suo primitivismo cubista. Al contempo forse per vicinanza territoriale sente l'influsso del maestro bolognese Giorgio Moranti.
Gambuzzi realizza le prime opere a colori non scolastiche intorno ai 12 anni, esprimendosi attraverso l'utilizzo di diverse modalità tecnico espressive, dal disegno alla pittura ad olio su tela. L'artista dopo vicende alterne ed alcuni momenti di abbandono, nei primi anni ottanta trova le motivazioni per approfondire la tecnica a spatola. Realizza in tale modalità opere di intensa visionarietà cromatica, fortemente retiniche finalizzate ad esprimere vitalità ed energia.
E' questo il periodo dedicato all'osservazione attenta della realtà della natura, ove il colore null'altro tende che ad esprimere con pienezza di visione ed in modo del tutto empirico, il visibile delle cose, prevalentemente nature morte e paesaggi, ma anche a cogliere le vibrazioni della luce.
Una pittura oggettuale, realistica ma espressa con tecnica di richiamo impressionista. Grazie al competente utilizzo di questa tecnica, prendono vita numerose opere, che fanno emerge la tematica di fondo, il filo conduttore di questo artista che lo vede legato a filo diretto con la natura, da interpretare necessariamente dal vero: “En plen air”.

Dopo questo momento intenso e partecipato, Mauro perverrà alla riscoperta dell'acquarello, complice un'incontro furtivo e del tutto casuale con un'artista di Urbino incontrato sulla spiaggia di Gabicce Mare nelle Marche. Mauro che già conosceva questa tecnica ne scopre nuove potenzialità, come quella di poter esprimere senso di movimento, luce, e maggiori trasparenze.
Nell'acquerello Gambuzzi non manca di rispettare quasi con sacralità il bianco del foglio, ove fissa i lumi estremi e più alti. Un lavoro che inizialmente vive di precisione, pazienza, dove mettere a frutto l'abilità di disegnatore, per poi trovare esaltazione nella definizione di cromie brillanti e trasparenti, definite con sensibile empatia visiva, resa percettibile nell'immediatezza del pronunciamento. Colori che sanno coinvolgere alludono a frementi slanci emotivi, resi possibili dall'immediatezza esecutiva che questa tecnica consente. Mauro ricerca pigmenti adeguati, provando e riprovando, fino a far emergere profonde emotività cromatiche dalle sue visioni, scoprendo anche che velocità di esecuzione deve tuttavia coniugare con paziente riflessione e ricerca, poiché ivi vige la saggezza.
Gambuzzi opera nello studio delle forme e dello spazio, gli oggetti o i paesaggi sono letti con armoniosa leggerezza, quasi a voler entrare in una dimensione altra, fortemente meditativa.
L'acquarello diviene quindi una priorità per questo artista, una tecnica che lo avvince, ed è per questa via che egli trova la sua identità artistica e consolida uno stile ben distinto e del tutto peculiare ed autorevole.
Procedendo per ordine e valutando le opere ed in particolare la produzione ad acquarello, con attenzione cronologica, possiamo identificare l'apparire consecutivo di diversi stili. Da prima prevale il bisogno di scrutare la realtà della forma immagine, nelle sue appartenenze prospettiche ed oggettuali, estetiche e luministiche. L'oggetto viene studiato indagato, si potrebbe dire sezionato come sul tavolo del chirurgo, poi illuminato da luce artificiale in una visione lenticolare, attenta alle minime vibrazioni del colore, ove la ricerca di equilibrio formale si confronta con la composizione, che se nelle nature morte provoca qualche istanza metafisica, nei paesaggi richiama le vivaci esaltazioni futuriste nella volontà di esprimere l'azione/movimento.
Ma molto di più inciderà in Mauro Gambuzzi la scoperta degli impressionisti, della luce diurna, degli elementi naturalistici, dell'aria, delle brume del vento, delle nebbie ed atmosfere. La sua
interpretazione da acquerellista se da un lato richiama elementi di dinamismo di richiamo neo-futurista, dall'altro non tralascia una visione che ricorda sia pure in tutt'altra modalità trova riferimenti nell'operato del grande Joseph Mallord William Turner, il famoso pittore inglese esponente della corrente romantica. Gambuzzi tuttavia rimane fedele interprete della terra padana, delle sue brume, delle sue nebbie, ma anche delle splendenti ed assolate primavere, come delle afose estati.

La veduta di paesaggio gli è quindi di grande ispirazione e diviene nell'artista evidente dimensione esistenziale, ove stemperare ogni pulsione ed umore nel giocare non di rado con pennellate nervose, irrequiete, ma mai esitanti ove emergono gli elementi atmosferici propri del suo modo singolare di interpretare il paesaggio. Un'illustrazione che appare quasi dettata da “un gesto istintivo”, per i tocchi veloci, tuttavia non casuali, decisi eppure garbati di appropriato accostamento cromatico, inneggianti al sentimento della natura rappresentata ma anche vissuta intimamente.

Gambuzzi descrive in siffatto modo la sua terra ed in particolare la vita dei campi al trascorrere delle stagioni, soffermandosi in contemplazione ammirata sulle luci dell'alba e del tramonto, vivendo le affocate estati dell'Emilia, le nebbie autunnali e le bianche nevicate che ammantano i campi con abbraccio protettivo oltre che fecondo accompagnando i lunghi inverni padani, prima di lasciare il passo alla stagione del risveglio ove il palpito germogliante della natura si trasformerà in primavera, esaltante ed inebriante estasi di profumi e sonorità.
Ecco che lavoro dopo lavoro, opera dopo opera il nostro artista acquista quella necessaria scioltezza interpretativa, che gli consente oggi di esprimersi con una nuova modalità, certamente più libertà e distintiva, legata sia al dinamismo di cui si è detto ma anche sempre più attenta a cogliere modi espressionisti ed al contempo iniziando un processo ancora in corso di decostruzione dell'immagine che appare sempre più astratta o liberamente informale.
Anche le cromie mutano notevolmente ed assumono una carica inedita, di incantamento, frequentemente espressa con colori caldi, che lasciano intendere il bisogno di far emergere gioiose emozioni, più che valori ottici in sé.
Oggi Mauro Gambuzzi raccoglie il frutto di anni di continuo impegno formale per arrivare a coniare uno stilema fortemente espressivo.
I colori debbono emozionare, e il dipinto deve esprimere sicurezza ed immediatezza, mettendo in secondo piano la necessità del dettaglio per dare maggior spazio all'istinto. Si riduce negli ultimi anni lo spazio dedicato alla rappresentazione dell'oggetto che diviene meno rilevante, ove al primo posto assurge il sentimento del colore. L'oggetto della rappresentazione paesistica è sempre presente, ma soggiace rilegato ad una parvenza, ad un tenue richiamo lontano, difficile da enucleare se non con una lettura molto attenta.
Dunque Gambuzzi approda a quella che si potrebbe indicare come la maturità artistica, ove affrontare con la raggiunta proprietà di mezzi tecnici ed espressivi, si potrebbe dire con voce educata il canto del colore, la misura intima che dal “ cromos ” promana, che diviene valore in se, contenuto etico e vivificante del mondo di appartenenza, dinamico e tenace, legato ai valori della terra ma anche alla ricerca dello spirito ove riscontrare elevazione.
 
Quella che Gambuzzi esprime è una visione sempre meno oggettuale o retinica e sempre più sentimentale. Ecco che il Gambuzzi odierno consapevole di aver trovato la propria legittima e personale verità artistica, intende riprendere da dove aveva iniziato, mi parla di nuove sperimentazioni, di creazioni scultoree istintive, definibili come visioni che assumono connotato diPercorsi inediti eruditi di un'artista che ha inseguito tenacemente un sogno, ma sempre con i piedi a terra, credendoci fino in fondo. Egli non nega, con modestia, di essere per l'aspetto artistico autodidatta, anche se educato dalla appassionata scolarizzazione spesso casuale fornitagli da diversi maestri ed amici artisti come risulta dalla sua biografia. E' in lui la consapevolezza di avere fatto tutti i passi utili per non improvvisare e per questa via di continuo approfondimento e ricerca aver creato uno stile personale, che mi pare assolutamente degno di considerazione.
Egli oggi per gli artisti che ne condividono l’esperienza, o che hanno lavorato o lavorano al suo
fianco, nonché per i tanti estimatori è un maestro non solo acquerellista, ma ancor più un artista che ha esplorato in tutte le direzioni, dalla matita all’incisione, dalla ceramica all’olio e alle chine, dalla pittura alla scultura. La sua è ed è stata una conquista del colore ma anche della forma, che gli ha conferito una certa notorietà ed ammirazione di tanti collezionisti, amici artisti e non, ma anche non mancando consensi importanti di addetti ai lavori.
 
Oggi Gambuzzi non certamente pago, ma anzi ancor più motivato, anche perché con ben più completa consapevolezza d’intenti e di obiettivi, sente impellente l’esigenza di riavvicinarsi alla materia, di rimettersi in gioco di riscoprire le tensioni plastiche dei colori ad olio ed ancor più della scultura a tutto tondo ma anche il bisogno di operare con nuovi materiali contestuali al nostro tempo, ed è in questa direzione ricca di propositi che si orientano le ultime opere, pur continuando al contempo la ricerca coi colori ad acqua che gli hanno consentito di esprimersi con compiuta consapevolezza nel corso degli anni. Gambuzzi acquerellista opera con tale sicurezza e maestria da far percepire nell’immagine “la danza del colore”, quasi in un balletto ispirato da mille volteggi e sfarfallii di luce. La sua sfida per i prossimi anni, ed è una promessa, è riuscire ad esprimere la stessa cifra stilistica e lo stesso approdo tecnico con altre modalità materiali, forse per sorprenderci forse per sognare ancora insieme a noi nuovi palpiti di luce.
Sono certo conoscendolo, che non mi farà mancare piacevoli sorprese.
 
Franco Bulfarini
 
Biografia essenziale di Mauro Gambuzzi
 
L’amore per l’arte può iniziare in tanti modi, spesso come una miccia interiore che attende l’immancabile fiamma della passione per attizzare ed accendere l’animo prima che la mente. Nel caso di Mauro Gambuzzi (Mirandola MO – 15/12/1952) ora cittadino di Crevalcore (BO), deve essere stato significativo l’imprinting di un bravo insegnante delle medie inferiori, certo M. Pelloni di Modena.
Mauro negli anni giovanili ama il disegno dal vero, il fumetto, ma anche dipinge su tela, soffermandosi a lungo sulla tecnica del ritratto. Intorno ai 18 anni frequentando diverse librerie, scopre il cubismo e Pablo Picasso. L’impatto è forte. Egli comprende da subito che senza conoscenza del passato, dei grandi artisti e movimenti non avrebbe potuto trovare la propria via. Mauro inizia saggiamente un lungo apprendistato, fatto di incontri con altri artisti, di ore a cavalletto, ma anche di letture e visite alle grandi mostre e musei. Di questo  periodo si ricordano numerose opere realizzate dal vero e spesso all’aperto stimolato dal godimento visivo della luce che fu colta già dagli ammirati impressionisti. Negli anni successivi ripercorre anche esperienze surreali e si avvicina ai modi del Futurismo. Mai copie le sue, ma opere di studio atte a confrontarsi con i movimenti di avanguardia del primo novecento. L’intenzione era certamente di carpire il sentimento della storia, quasi a volersi insinuare con percorso a ritroso nella mente di quegli artisti, che tanto seppero innovare con le loro esperienze feconde di capolavori. L’intento avallato da Mauro era quello di approdare alla conoscenza dei movimenti artistici per comprendere a fondo il fluire dell’arte nell’itinere della storia. Di questo periodo si ricordano i ritratti del nonno e di parenti,  realizzati con varie metodiche tecniche e sempre dal vero, sia cogliendo la forza espressiva del monocromo sia sperimentando le potenzialità del colore. Seguiranno studi sugli animali ed in particolare volatili, per meglio comprenderne le forme ed il movimento. Molti lavori di questo periodo sono realizzati con tecnica ad olio su tela. Negli anni ’80 oltre all’utilizzo di chine e tecniche miste, Gambuzzi approfondisce la tecnica dell’acquerello realizzando opere all’aperto spesso nei campi a contatto con la luce naturale dei luoghi agresti della grande pianura padana ma anche in diversi soggiorni al mare ove avviene in quel di Gabicce Mare (PS), un’incontro casuale ma significativo con un maestro acquerellista di Urbino che gli fa comprendere tutte le potenzialità proprie di questa pregevole tecnica.  Fra le lezioni utili alla formazione di questo artista, come non ricordare quelle del maestro U. Bastia (acquerellista di fama nazionale vicino alla scuola di Modiglioni e Morandi). Negli anni 1982 e 1984 lavora prevalentemente a spatola su tela o tavola, presentandosi in diverse mostre personali, ove si propone con uno stile già solido, da ricordare la personale tenuta a Crevalcore, presso la galleria civica Porta Modena nell' 82. Nel 1983 frequenta un corso di ceramica con la maestra Carla Gobbo ( laureata in arte ceramica). Si ricordano sempre nel 1983 la collettiva a Castelfranco E. (centro culturale comunale), poi seguirà la  personale a San Giovanni P. galleria Hebuterne nell' '84. Sempre nello stesso anno riceverà una commessa da parte del Comune di Crevalcore BO, per circa 150 opere (piccolo formato), ed inoltre si iscriverà al circolo culturale “Pigozzi” di Crevalcore BO. Sono del 1984, 85, 86, 89 le collettive alla gall. Montparnasse di Casalecchio (BO) (con premi nella sez.acquarello). Personale a Crevalcore, oratorio Santa Maria nel '94, personale a Concordia s/S. nel 2.000. Nel 2001 estemporanee varie (in part. Poggio Rusco) 3° premio acquisto. Gambuzzi si iscrive ad “Educazione Permanente” (circolo culturale Crevalcorese),  assumendo ben presto il ruolo di “maestro di pittura”. Il critico/pittore Danilo Ghelfi (curatore della Galleria Porta Modena di Crevalcore)  interviene a recensirne l’operato, apprezzandone il talento.  Gambuzzi artista completo, oltre all’acquerello che gli è congeniale, ha esplorato anche le tecniche dell’incisione, della ceramica e della scultura nelle varie metodiche. Diverse sono state le partecipazioni a concorsi di pittura ove non sono mancati riconoscimenti anche di prestigio. Nel 2003 si iscrive all’ass. “la Bottega degli Artisti”, con sede a Ravarino (MO), ass. artistica e culturale che opera a livello regionale e che raccoglie artisti da più province e regioni italiane in una visione dell’arte a 360 gradi, connubio di poeti, fotografi, pittori, scultori e grafici, un luogo per nuovi incontri ed impulsi indispensabili per chi opera nel campo dell’arte. Da subito accolto come maestro Mauro Gambuzzi ritrova nuovi stimoli, tiene diversi corsi di acquarello ed è “maestro” in ambito associativo. Diverse le manifestazioni con questa associazione molto attiva. Nel 2003 in Gambuzzi nasce l’esigenza di una svolta, volendo esplorare nuovi percorsi ove il segno sia più libero, istintivo e per questo si allontana gradualmente dalla figurazione, nell’intento di dare priorità alla forza del colore in senso espressionista ed al contempo decisamente informale. Gambuzzi ha mantenuto fede ad una grande passione fino a poter pervenire ad uno stile convincente e fortemente distintivo, tale da rendere giustizia di tanti anni di lavoro e di perseveranza dando credito al suo innato talento.   
                                                           Cenno biografico a cura di: Franco Bulfarini

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