Agene Rubinetto
La
Galleria ArtGallery, art director Roberto Valore, presenta il 12
Gennaio 2008
Agene Rubinetto. Palermitano, incomincia a dipingere sin da
piccolo: alla scuola materna ed a casa manifesta la sua passione
per la pittura e la sua straordinaria creatività.
Nel corso degli anni, le più disparate attività che lo immettono
nel mondo del lavoro, determinano un suo momentaneo
allontanamento dalla pittura che egli riabbraccia, nuovamente, a
piene mani, da qualche anno, in full immersion, con brillanti
esiti coloristici, di particolare effetto senso-percettivo ed
emozionale.
Oggi, Agene Rubinetto è un pittore professionista; vive ed opera
a Palermo; nel silenzio di un antico feudo, quello che si
stringeva attorno al borgo di Tommaso Natale, luogo che echeggia
delle storie dei Principi Lanza di Scalea, Principi di Trabia.
Lì, egli vive ed opera, nel suo studio immerso nel verde,
producendo le sue opere etniche dal sapore di viaggi e di echi
lontane di popoli antichi che Agene ha incontrato, in Africa o
in altri luoghi.
Dell’Africa, l’artista coglie i segni più autentici di un popolo
che trae forza e ricchezza dai sui brillanti colori, da un
caleidoscopio cromatico, a volte, è proprio il colore l’unica
risorsa di un territorio ostile ma fervido di miti, storie,
leggende, magiche ed antiche.
Agene, come i grandi maestri del passato, quando si accinge a
posare il suo strumento elettivo sulla tela, sa dove inizia la
sua avventura nell’universo e nel tempo cosmico della sua opera,
nello spazio canonico, per lui angusto, del supporto telato. Non
sa, però, dove arriverà, cosa vorrà raccontare: come pittore,
quasi in stato di trance d’arte, egli si fa condurre dall’estro
del momento, là dove lo porta il cuore, forse verso memorie di
un mondo ancora incontaminato, in cui, però, la casa, la
famiglia, la solidarietà hanno ancora un senso nella vita…sono
valori profondi ed inconfutabili.
Infatti, non è casuale che ritorni, quasi come nota dominante,
sulle sue tele, come un la di diapason, la casa, una casa
sintetica, appena accennata che solo l’occhio attento del
fruitore dell’opera riesce a scorgere: è il rifugio ancestrale,
freudiano, la casa, la sua famiglia, i suoi affetti, rifugio
alle “intemperie del mondo”, per usare una metafora.
Agéne Rubinetto approda ad una brillante pittura di sintesi,
reporting di viaggi e di memorie storiche, dopo un lento
appropriarsi delle tecniche tradizionali del disegno e della
pittura che gravitano nell’ambito della ritrattistica e del
figurativo. Un percorso quasi obbligato dell’artista siciliano,
per affermare, sulla tela, un segno personale, minimalista che
rivela e mostra i segni del passato nella ricerca pittorica, ma
si presenta, al nuovo pubblico, in una forma nuova, con un
perfetto bilanciamento cromatico, con un ritmo ed un’armonia di
linee, forme e volumi che riconducono ad una sintesi armonica
unica, nel suo genere.
Occorre aggiungere che la sua pittura non è solo un abile
concertare di linee da imbrigliare e tenere a durare per esito
della loro perfetta armonia di primi piani e di sfondi, è anche
subliminale messaggio profondo che rivela l’animo sensibile
dell’uomo-pittore che approda ad una sua armonia personale.
Agéne intende trarre energia e linfa vitale dalla tavolozza
cromatica per un’operazione di personale rigenerazione, di
rinnovata fiducia nel mondo, ed egli manifesta la
consapevolezza, solo oggi, di volerla veicolare, questa energia
positiva, questo suo nuovo sentiero luminoso, per infondere al
fruitore delle sue opere, il flusso energetico che l’ha generata
e prodotta.
La tela, dunque, quale opera -canale di trasmissione energetica,
in una magica compresenza di segni, tra passato e futuro.
I LABIRINTI DEL MONDO DI AGENE RUBINETTO
Ci chiediamo: sono delle anse, quelle prodotte dal girovagare di
vagabondo dell’arte, sulla tela, di Agene? E sono quelle stesse
anse della vita, tradotte in linee pittoriche, che ci conducono,
a volte, verso labirinti, strade senza uscita, tunnel, per poi
farci trovare la giusta via, la strada di salvezza, al
tormentato nostro status di uomini?
Dopo avere tracciato tante linee, tra cunicoli e aperture su
sicuri porti, l’artista, in alcune opere, costruisce, innalza,
quasi dei totem al colore: non è casuale quella sua adozione del
giallo ed, in particolare, del luminoso arancio che,
inconsapevolmente, Agene usa in quanto portatore di forte
energia.
Ne consegue che la pittura di Rubinetto possa definirsi
afferente a quella branca dell’arte che si definisce arteterapia,
facoltà universitaria che ha a Poitiers, presso l’Università, a
due passi da Parigi, la sua sede più importante.
Pertanto, cromaterapeutiche sono da considerarsi le opere del
pittore, originale ed unico nel suo genere artistico, nel
panorama dell’arte, anche se, apparentemente, lo scenario che ci
offre ogni tela sembra parlarci di una dialettica irrisolta con
la vita, da parte dell’artista: le pieghe, le contorsioni
segniche, le involuzioni e “circonvoluzioni cerebrali” di linee
curve che ansimano, per trovare un loro ruolo, una loro giusta
collocazione, rappresentano lo spasmo drammatico, teatrale di
risposta al dispiegarsi degli eventi della vita che Agene, la
sua illusione, il suo pensare positivo, tinge a colori, in un
prisma cromatico.
Sembra di vedere attraverso la lente di un caleidoscopio, le
tele di Agene.
Quel gioco che ci faceva vedere tutto il mondo a colori, che si
componevano e ricomponevano, sulla scena del nostro vetrino, ha
accompagnato l’infanzia dei bambini classe Cinquanta, Sessanta,
forse anche Agene, non si sa; si sa di certo che la sua
tavolozza divampa di guizzi di luce e riserva toni e luoghi
dell’immaginario. Forse come una fiaba, come una crisalide che
fuoriesce dal suo bozzolo, ed accade la metamorfosi da crisalide
a farfalla, allo stesso modo Agene, dopo una produzione di
genere figurativo, efficace ma dejà vue, l’artista siciliano
approda, prepotentemente, a nuovi porti, come l’Ulisse di Joice,
con esiti felici e senza possibili “citazioni” che riconducano
la sua produzione ad altri artisti del passato.
Inoltre, c’è da aggiungere che il fruitore diventa, attraverso
le opere, soggetto ed oggetto, allo stesso tempo: si intende
dire che nel messaggio di Agene sono in molti ad identificarsi,
sono in molti ad abbeverarsi, nella forte sete di grigiore
esistenziale, alla straordinaria fonte cromatica dell’artista,
per un processo di metamorfosi indotta.
La solarizzazione di un pittore che esce dal buio, dalla
penombra del suo mondo, per offrire il magico incanto dell’arte,
quale virtù dei “pochi ai molti” ( come scriveva Modigliani, nel
1919) è un evento straordinario, di autopsicanalisi,
auto-counseling filosofico. Lo vediamo dagli orli che si
colmano, dalla dimora, come dicevamo, che ritorna come
ritornello di canzone, sulla tela, lo troviamo dai totem
innalzati dall’artista all’arte, al colore, nel deserto
dell’anima del mondo in cui la desertificazione, in tutti i
sensi, avanza. Mai Agene indulge ad una rappresentazione
pittorica della realtà in modo chiaro, fotografico: i segni
etnici, ricorrenti, che denunciano la sua appartenenza al mondo,
la sua dimensione internazionale (anche quando, “ non viaggiata”
ma vissuta all’interno delle sue pareti domestiche) sono segni
minimali, mai kitch. Indulge, semmai, si lascia prendere, a
volte, dalla volontà di essere decorativo; ma anche in questo
caso, il tracciare dei segni più importanti, sulla tela,
riconduce ad un grande libro della vita che Agene intenderebbe
ricoprire di colori e di freschezza, di purezza di sentimenti.
Maria Teresa
Prestigiacomo
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