- Time
Art
- opere
scultoree di:
-
Angelo e Vincenzo Deguardi, di Francesco Giglia,
di Achille Laiti e di Enzo Puleo
-
- “Il
tempo è presente” - (Sant’Agostino)
- “ La
persistenza della memoria” - (Dalì, 1931)
-
-
- Un
Symposium di scultura nel segno della
-
Ideologia alchemica della “grande madre Terra”
- La
pietra: da materia bruta a dignità aurea
-
-
Baucina.
Qual è la molla che spinge un direttore artistico-scultore,
Vincenzo Deguardi, a realizzare un Symposium d’arte, in Sicilia,
in un paese dedito all’agricoltura e da poco anche al turismo?
Cosa spinge il primo cittadino, il sensibile ed attento Sindaco
Ciro Coniglio e gli amministratori tutti a prendere le distanze da
eventuali scelte politiche goderecce riconducibili
all’immediatezza del piacere, in un paese che solo ora si dedica
al turismo, ed a credere nel progetto Time Art? La risposta sta
nell’amore per la propria terra, nel credere in progetti
lungimiranti, formativi, didattici; sicuramente forte è la
certezza di lasciare un seme, che, germogliando, possa diventare
frutto della memoria.
- Il
progetto dalla Provincia di Palermo, da Baucina, con un’eco
immediata, ha esercitato il suo arcano richiamo, nel mondo degli
scultori, attorno al suo territorio; ha richiamato mani possenti
di valenti e straordinari scultori che da tutta Italia hanno
risposto a Time Art, la cui valenza è quella di recuperare
prustianamente il tempo perduto per l’arte, veicolandolo e
distribuendolo in un percorso che costituirà, nel tempo,
attraverso un percorso unitario, paese per paese, un Museo a
cielo aperto.
- Un
Symposium di scultura quale linfa vitale per la creazione di una
memoria storica che andrà a valorizzare, nel tempo, il tessuto del
territorio, andrà ad arricchire un contenitore naturalistico già
pregno di storia e di cultura, impreziosendo questo già prezioso
scrigno con quelle che costituiscono delle perle, nell’arte: le
opere scultoree di Angelo e Vincenzo Deguardi, di Francesco
Giglia, di Achille Laiti e di Enzo Puleo.
- Non
sterili complementi d’arredo, non solo gradevoli complementi
d’arredo destinati a parchi urbani e suburbani, bensì opere vive,
queste sculture dei maestri, il cui plus valore è costituito dal
loro linguaggio. Un linguaggio che è comunicazione efficace,
attuale, col presente ma è anche dialogo antico, poetico, in un
intimo abbraccio con l’anima del passato e con l’anima dei Padri;
è linguaggio futuribile che tesse nuove geometrie comunicative che
parlino alle nuove generazioni, che rechino in sé persino oggi,
la memoria di ieri e di domani, insieme….
- Opere
che con la forma, con la materia e con la sostanza dialogano,
dunque, con il territorio, ne assorbono gli umori ed i sapori. Dal
territorio esse leggono e colgono miti e leggende, con esso
tessono ed intrecciano, in forme plastiche e le più variegate,
storie e racconti dei Padri; opere scultoree che altro non sono
che sentimenti e saggezza di una comunità condensate e scolpite
nell’anima, in quell’anima di coloro che non intendono mai
dimenticare il passato, l’anima loci, la memoria storica di un
luogo.
- Non
dimentichiamo l’idea sacrale della scultura che nasce dal ventre
della Terra, si nutre di compone d’acqua , di terra, di fuoco,
d'aria, dei quattro elementi della natura; crediamo di aver
intuito in questo processo naturale di nascita della pietra e
dalla pietra la nascita della scultura nella sua l’ideologia
alchemica…di metamorfosi…
- Un’
esperienza quasi magica, mistica, religiosa di trasmutazione della
materia che da materia informe, allo stato primordiale, diventa “
altra”, simbolicamente aurea. Se la Terra è dunque procreatrice,
fonte di vita e di fertilità, ciascuno scultore ha offerto
un’eccellente prova nel saper procreare, sulla pietra, in un
rapporto d’amore intimo e profondo come tra la mamma ed il suo
bambino, rendendo fertile la loro idea, per poi trasferirla in una
volumetria plastica che condensi l’espressione della loro
anima….senza tempo.
- Giorgio
Montefoschi, nel suo ultimo libro, “ Le due ragazze con gli occhi
verdi”, tratta del tema della memoria e afferma che “ La memoria è
tutto” e ci ricorda che il tempo è sempre presente, come ci diceva
Sant’Agostino. Sappiamo che le lancette dell’orologio si muovono,
che la sabbia cade inesorabilmente nel fondo della clessidra…ma la
memoria ferma il tempo, la memoria è vita, fino alla fine dei
nostri giorni.
-
Inoltre, Salvador Dalì, nel 1931, realizzava una delle sue opere
più profonde, importanti, dal punto di vista filosofico e la
intitolava: “ La persistenza della memoria”. In essa, alcuni
orologi “ molli” si piegavano e deformavano sotto il peso della
memoria…e della sua persistenza.
- In
conclusione, cinque scultori a confronto, in questo work in
progress, cinque brillanti artisti che non temono confronti,
cinque percorsi diversi, cinque stili, cinque generi, cinque mani
destre che hanno scolpito cinque straordinarie storie…
- E’ già
storia, oggi…Si racconta, a Baucina che un simpatico artista
venuto dalle brume del Nord, da Verona, con i baffi antichi,
bianco-grigiastri, attorcigliati come due virgole, all’in su, per
lavorare la sua scultura, dal nome “ Francesca” si sia arrampicato
sulle spalle della sua creatura di pietra, di roccia calcarenitica
e si dice pure che abbia chiesto, per la sua “Donna col bambino”
ad una giovane ragazza, di nome Francesca, di Baucina,
diciottenne, in attesa di un bimbo, di posare per lui, quasi alla
fine dell’opera, per coglierne i tratti siculi, lo sguardo già
“materno”, addolcito dall’attesa…E Francesca è felice di questo!
-
Scriveva Salvatore Fiume: “ La cosa più importante è che l’artista
generi i suoi capolavori ai quali si è dedicato con la
cocciutaggine di un innamorato”. Da giorno 8 settembre, la serata
di consegna delle sculture alla comunità ed al Sindaco, alla
presenza delle massime autorità, le pietre nel cui cuore è
imprigionata l’anima di ciascun artista, saranno una nuova storia
da raccontare, con amore. La fotografia d’arte, affidata a Mario
Conti, già direttore artistico della prima edizione di lancio del
Symposium di scultura nella Provincia di Palermo, a Godrano, ha
suggellato e suggellerà ancora, con scatti d’autore, questo
pregnante evento culturale che ha messo a dura prova artisti di
notevole spessore ma ha offerto brillanti e duraturi esiti: opere
di pregio che eserciteranno un richiamo turistico e ricorderanno
l’operosità di chi vi ha lavorato al sole ed al vento, sotto
l’acquazzone e a temperature africane, come minatori con elmetti,
cuffie,occhiali, mascherine; come picconieri di miniera, gli
artisti hanno scavato la loro amica per innestarla nella loro
pietra; come contadini, sotto il sole, si sono misurati con gli
agenti atmosferici per trasformare la pietra in un “eroe”; come
contadini, hanno seminato il loro seme, hanno sperato che il loro
progetto prendesse forma, con la stessa operosità di un contadino,
con il loro sudore hanno condiviso la loro giornata…
- I
brillanti risultati si traducono nella realizzazione di opere dal
titolo “ Caos” di Vincenzo Deguardi, “ Lo Schiavo” di Angelo
Deguardi , “ Liberazione” di Enzo Puleo,
- “
Francesca” di Achille Laiti, “ Demetra” di Francesco Giglia
-
Evocatrici d’ombre, di memorie.
- A
questo proposito, prima di passare a decodificare il messaggio
segnico delle singole opere, mi piace concludere questa premessa
con un profondo pensiero di René De Chateaubriand che, nelle sue “
Mémoires d’Outre-tombe” scrive: “ Nessuno, come me, si è creato
una società reale evocando delle ombre, al punto che la vita dei
miei ricordi assorbe il sentimento della mia vita reale”
- Al
Symposium ha partecipato la giovanissima, ventisettenne, regista
Annarita Campo, di Rosolini che con il suo eccellente curriculum
di cineasta, con un suo prossimo film, girato a Baucina ( se le
condizioni lo permetteranno) offrirà uno spunto in più, oltre
questo evento d’arte, per puntare i riflettori su questo ridente
paese a due passi da Palermo. Inoltre, il mio rapporto di stretta
collaborazione, in qualità di sceneggiatrice di un film, con la
stessa regista Campo, determinerà una maggiore valorizzazione
degli stessi artisti presenti al Symposium e delle loro pregevoli
opere che saranno innestate, con alcune riprese, nel “girato” in
digitale e riversato in pellicola. Tutto ciò perché crediamo
nell’arte totale, un concetto di progetto culturale integrato ed
innestato su quello economico, progetto che, nell’ambito e nella
dimensione strategica di marketing, offrirà sicuri e duraturi
risultati, nel tempo, in termini economici oltre che culturali.
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GLI ARTISTI E L’ IDEOLOGIA ALCHEMICA DI CIASCUN OPERA
-
-
ANGELO DEGUARDI
lo scultore-poeta
-
- Titolo
dell’Opera
- “
Schiavo”
-
- Essere
anche un poeta, un raffinato poeta, oltre che scultore, significa
trasferire sulla pietra, innestare come un germe vitale, pagine
d’intensa poesia, significa trasferire l’animo sensibile del poeta
nel cuore della roccia….Ammirando l’opera di Angelo Deguardi
sembra di sentire l’eco profonda dei versi di Salvatore Quasimodo:
- “
Ognuno sta solo sul cuore della Terra
-
trafitto da un raggio di sole
- ed è
subito sera”. Di fatto “ Schiavo” reca i segni sofferti dell’anima
sulla pietra, quei segni che sono i segni della sofferenza
dell’uomo contemporaneo costretto a fronteggiare un quotidiano
costellato , anzicchè di stelle splendide e splendenti, di dolore
e di malattie, di violenze e di orrori, per guerre e calamità
naturali. La pietra, dunque, sotto le mani di Deguardi, che scava,
con onde, quasi vibrazioni dell’anima, onde di sonorità
spirituali, la roccia calcarenitica, ci parla della debolezza
dell’uomo del terzo millennio, debole schiavo, in balìa delle onde
delle mode, dell’immagine che conta a tutti i costi, in balìa
delle sirene incantatrici di internet e della “cattiva”
televisione. “ Schiavo”, dunque, l’uomo, della forma; ed è per
questo che delle catene imbriglieranno la scultura per rendere
ancora più palese, più forte, più chiaro il profondo messaggio
filosofico di Angelo Deguardi che affonda le radici nella
filosofia di Erich Frömm , quella dell’essere e non dell’avere.
- Una
scultura didattica che ricordi ai teenagers che occorre imporsi,
nella vita, con la propria personalità, mai schiavi della forma.
- Quella
di Angelo Deguardi è una ricerca, , come nei “ Quadri parigini” di
Charles Beaudelaire della specificità della parola poetica,
innestata nella scultura, capace di decifrare le corrispondenze
tra mondo sensibile e mondo soprannaturale ( Spleen e ideale) al
di là della noia, sentita e definita come condizione esistenziale
caratteristica della “modernità”.
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-
VINCENZO DEGUARDI
il direttore artistico-pittore e scultore
-
- Titolo
dell’Opera:
- “
Caos”
-
-
Affermava il filosofo Friedrich Whilhem Nietzscke che dal caos
nasce una stella, alludendo, a mio avviso, alla creazione della
nostra Galassia, all’astro di fuoco che raffreddandosi diede
inizio alla vita sul nostro pianeta Terra. Allo stesso modo,
Vincenzo Deguardi, dal caos che è già lo stesso caos, la
confusione dell’idea dello stato nascente, dell’idea che deve
concretizzarsi nel progetto e poi nel prodotto, allo stesso modo
nasce la creatura scultorea di Deguardi. Egli, attraverso una
rispondenza di curvilinee che conferiscono un equilibrio ritmico
all’opera ed un’armonia d’insieme, ripercorre sinteticamente, il
cammino dell’uomo dallo stato di caos al progetto vagheggiato di
“Umanesimo Integrale” che lo strappa dal degrado per restituirlo
ad una dimensione “altra”in cui possa egli riconoscersi nella
pienezza dei suoi valori.
- “Caos”
ha anche il potere di evocare la casa di Girgenti, quella di
Pirandello ed ha il potere di suggerire le magiche suggestioni del
film omonimo dei fratelli Taviani che traduce poeticamente le
atmosfere del baglio siciliano in cui si consumano le
vicende dei personaggi che gravitano nel fortunato film dei
valenti cineasti.
-
Vincendo Deguardi è esperto del “ Caos”: come direttore artistico,
che ha creduto in un progetto che porterà lontano (anche
oltreoceano, dove Deguardi ha già i suoi attenti e preziosi
collezionisti). La sua scultura, in senso simbolico, recuperando
quello che è il metalinguaggio scultoreo, dell’arte, rappresenta
l’eterna, giusta, lotta dell’uomo contro il suo destino.
- Come in
Leonardo Sciascia che trova per la Girgenti di Pirandello un
paragone con Spoon River di Lee Masters, allo stesso modo nel caos
di Deguardi occorre che il luogo della metamorfosi diventasse
mezzo di espressione, luogo convenuto in cui le verità (e non la
verità) degli autori che compongono le tessere di un unicum ( di
un mosaico a cinque mani), trovassero declinazione in un’unità
drammatica.
- Lo
scultore, pertanto, ha saputo far nascere una stella, per dirla
come il filosofo tedesco di Röchen: cioè l’ha partorita dal caos
della moltitudine del pot- porri degli eventi siciliani e l’ha
donata, per farla brillare nel nitore del firmamento di Baucina
che crede, fortemente, nei progetti culturali.
- Alla
sua stella, si uniscono quelle altre stelle che costituiscono
quell’unico puzzle, “griffato” Angelo Deguardi, Francesco Giglia,
Achille Laiti e Enzo Puleo.
-
-
-
FRANCESCO GIGLIA
lo scultore del mitologico
-
- Titolo
dell’Opera
-
“Demetra”
-
- C’è da
aggiungere che il titolo dell’altezzosa scultura di Giglia si
correda di un’intera frase: “ Ti ritroverò tra i tuoi fuochi, qui,
Demetra, o gentile…”riconducendo, lo stesso titolo alla mitologia
greca ed all’etimologia dello stesso nome di Baucina, dal greco
BaykoΣ, lezioso, o per altri, gentile.
- Dunque,
lo scultore si fa massimo interprete delle radici mitologiche del
luogo; strappa alla storia dei miti l’affascinante racconto di
Demetra, la dea greca della fecondità della terra,d ell’agricoltura
e della vita sociale organizzata, molto vicina, dunque, alla
comunità di Baucina. Figlia di Crono e Rea, ebbe da Zeus la figlia
Kore-Persefone. Dopo il rapimento della figlia da parte di Ade,
ella vagò alla sua ricerca, ottenendo infine, da Zeus, di poter
ritornare sulla terra per nove mesi all’anno. Durante il suo
vagare, la Dea avrebbe insegnato ad Eleusi, a coltivare il grano
ed avrebbe iniziato ai misteri del suo culto Trittolemo.
-
Pertanto, la scultura a lei dedicata, come per un'amorosa "
corrispondenza d'amorosi sensi", per esprimerci come i più grandi
poeti, non può che essere pertinente al territorio, un paese che è
vocato all’agricoltura. La stessa è realizzata nella massima
sintesi dell’idea, composta e complessa dello scultore, resa poi
minimale dalla maestria del brillante Giglia; è, dunque,
strettamente legata alle feste della semina e del raccolto.
Occorre ricordare che il culto di Demetra e di Persefone era
diffuso in tutto il mondo greco e presso i romani Demetra fu
identificata con il nome di Cerere. Quasi totalmente fedele al suo
straordinario bozzetto, Francesco Giglia, ha offerto il massimo
nel suo work in progress, sin dai primi giorni del suo operato
nella Piazza dedicata alle Vittime della Mafia ed ha offerto ai
numerosi presenti che si sono avvicendati, esaustive spiegazioni
del suo progetto, mostrando il bozzetto e giustificandone le sue
matrici.
- La sua
creatura di pietra, ora, rende il giusto tributo all’operosità dei
Baucinesi, si pone quale riconoscente omaggio alla nobile civiltà
contadina ed ai sudori dei suoi antenati. Una scultura che si
frappone, come una tessera di mosaico, tra la fatica del vivere ed
il mito di ieri, sempre vivo ed attuale, anche oggi, inscritto in
una dimensione moderna, pur nella sua arcaicità, attraverso canoni
che sconoscono i confini del tempo.
- Demetra,
nella solenne interpretazione di Giglia, sembra segnare uno
spartiacque tra l’antico silenzio, espresso dalla figura
mitologica, ed il fragoroso frastuono del vivere, oggi.
- Forme e
volumetria minimali, nel loro dispiegarsi stilistico,
sembrerebbero ricondurci a sembianze di donna, seminascosta da un
mantello; il volume del blocco calcarenitico è scavato, nella
facciata principale della pietra, al fine di realizzare una
cavità ed un foro che, opportunamente dipinto di rosso fuoco, in
contrasto con il colore giallo paglierino della pietra,
conferisca maggiore slancio e dinamicità all’opera. Essa è pervasa
da profonda armonia e da composta ed altezzosa eleganza che sposa
appieno la mitologia con il territorio, nell’adozione di canoni
neofuturisti che denotano la forte ed incisiva personalità
dell’artista.
-
-
-
ACHILLE LAITI
- Titolo
dell’Opera:
-
“Francesca”
- “
Sofferenza di una madre ancora vittima della mafia”
-
-
-
Dinamismo materico e poetica di forme e volumi modulati su ritmi
musicali: si potrebbe sintetizzare così la produzione dello
scultore Achille Laiti, scultore, mia conoscenza internettiana che
si materializza, dopo la mostra di Taormina, a Baucina, nella
Provincia di Palermo, con le sue forme ed i suoi volumi, a rendere
omaggio a quelle donne che ancora soffrono, oggi, ancora vittime
della mafia. “ Francesca” è il suo nome; è slanciata, bella come
una dea giunonica, forte ed altera, coraggiosa e determinata, come
tutte le madri siciliane, sinuosa nelle sue forme, sguardo
languido e malinconico, come una dea tradita.
- Laiti,
venuto a Baucina, espressamente, da Verona, è qui per cantare le
gesta delle sue donne sensuali e poetiche; le sue donne
passionali, carnali, vichinghe o mediterranee sino al cuore, un
cuore antico, stavolta di roccia dal cuore siciliano: un cuore
duro, nella sua materia, resistente…
- Ed al
tempo stesso fragile, friabile, malleabile.
- Materia
eterna, la pietra….
- Laiti
scrive le sue memorie di Sicilia, ricche di pathos greco e affida
a Francesca, la sua scultura il compito di ricordare la sofferenza
delle madri ancora oggi, vittime della mafia. Come Herman Hesse,
l’artista innalza il suo omaggio all’amore….
- Egli
affida ad una materia resistente, come la pietra, il suo canto di
scultore per cantare valori universalmente riconosciuti, come
l’amore, la passione eterna.
- La
materia diventa duttile come l’oro colato, nelle mani del valente
scultore; forme e volumi tessono danze nell’aria, volteggiando,
inscrivendosi in figure geometriche virtuali, in cui Laiti
incastona sogni e speranze femminili. Egli scolpisce con animo al
femminile, dalla parte delle donne, ma con mano virile. Lo
scultore sembra quasi “intrecciare” i corpi femminili, li modula,
li modella, li contorce, esaltandone le loro voluttuose
forme…Tutto ciò alludendo a quello straordinario ventaglio di
emozioni, di sentimenti e di poesia che un corpo di donna può
offrire, se nerudianamente cantato, come fa Achille Laiti…”Cuerpo
de mujer, blancas colinas, muslos blancos…”: l’artista sembra
evocare i sensuali versi del brillante poeta cileno……….”Te pareces
al mundo en te actitud e de entrega…”
- La sua
“ Francesca” riteniamo possa trovare una più giusta collocazione
nella Piazza che ricorda le vittime della Mafia; Laiti, con animo
sensibile, attento alla cultura siciliana, pur essendo veneto, di
Verona, ha avvertito, come una pulsione nell’anima: il ricordare,
ancora oggi, le donne vittime della mafia, quelle donne che, sole,
costrette a lottare contro il mondo, hanno per unico conforto la
loro piccola creatura: quel bimbo abbarbicato alle carnose e forti
braccia che Laiti rappresenta, è l’ unica ancora di salvezza, per
quella donna, sofferta e tormentata dal dolore.
-
-
-
ENZO PULEO
lo scultore trascendentale
- Titolo
dell’opera
-
“Liberazione”
-
-
Un’intensa indagine introspettiva caratterizza l’opera di Enzo
Puleo, che “gioca in casa” come si suol dire, essendo un brillante
scultore di Baucina, autore di splendidi “modellati”. Le sue
sculture adornano mirabilmente, la chiesa madre del suo paese; ci
osservano dall’alto dei pulpiti, come angeli del focolare; ci
impressiona come l’autore, in queste statue che fin da piccolo
sognava di realizzare, abbia colto, nel viso di San Giovanni,
opera cara allo stesso autore, la psicologia del discepolo di Gesù,
sintetizzando, con maestrìa, sicurezza ed umiltà nel volto del
santo.
- La sua
scultura, realizzata nel corso del Symposium di Baucina, parla
della metamorfosi dell’uomo che “era” e “non è più”; è un uomo
“altro”.
- Puleo
affronta, pertanto, una tematica di forte attualità che coinvolge
le difficili scelte dell’uomo, in tutti i campi, in tutte le
dimensioni…L’uomo che si libera dell’angoscia di dovere vivere una
doppia vita, tra l’essere un uomo ed essere una donna, tra
l’essere un buon padre e l’essere un uomo senza schemi. Un’opera
che si nutre di un importante e meditativo, trascendentale
silenzio, il silenzio che assale chi medita tra l’essere ed il
non essere, tra il consumare una condizione di disagio,
pirandellianamente imprigionato in una forma, ed il vivere,
invece, delle altre condizioni esistenziali, libere da ogni
condizionamento sociale.
-
“Liberazione”, dunque, il titolo dell’opera di Enzo Puleo, un
‘opera che, pur non essendosi interpellati, gli autori, sui loro
progetti, s’innesta e si incastra in simbiosi mutualistica,
virtuale, con l’opera di Angelo Deguardi, dal titolo “ Schiavo” e
si aggancia, altrettanto virtualmente al “ Caos” del disordine
delle “Scuole di Pensiero”, per così dire, dell’opera di Vincenzo
Deguardi, per poi legarsi a “Francesca” di Achille Laiti che
auspicherebbe una “ Liberazione” totale e definitiva dalla mafia
ed avvicinarsi all’opera “ Demetra” di Francesco Giglia, come fil
rouge virtuale, nel segno del messaggio di fondo: quello del
desiderio di “Liberazione” di Demetra dal dolore.
- Opere,
dunque che si legano insieme, per un progetto inconsapevolmente
unitario.
- Come
nel dramma Pirandelliano, dal titolo “Sei personaggi in cerca
d’autore”, in cui il drammaturgo siciliano è messo di fronte alla
ribellione dei suoi personaggi, allo stesso modo Enzo Puleo è
costretto a fronteggiare la sua scultura, nel suo palcoscenico che
è la Piazza, rispondendo alla ribellione della pietra al suo
progetto, al suo disegno primigenio; la pietra si libera, dunque,
dell’autore che, regista del suo copione, intendeva “piegarla”
alla sua volontà….
- A
questo punto, la roccia calcarenitica compie una sua strada,
vitale.
- Allo
stesso modo del valente scrittore di Agrigento, il citato
Pirandello.
- Puleo,
scolpendo la sua creatura “ a soggetto”, come i grandi autori di
Teatro del Settecento, adotta un altro percorso progettuale. La
nuova rotta intrapresa concede all’artista di conseguire,
ugualmente, esiti positivi, quelli sperati, nel segno del
messaggio iniziale dell’artista: messaggio legato all’esigenza
dell’uomo di liberarsi da qualsiasi schema, per vivere la sua
esistenza nel migliore dei modi.
-
-
Maria Teresa Prestigiacomo
-
-
Maria Teresa Prestigiacomo è critico d’arte ed opera in campo
internazionale ed abitualmente tra Parigi, Bruxelles, Miami e
nel 2010 opererà anche ad Alessandria d’Egitto e a Mosca.
-
Giornalista iscritta all’Ordine dei Giornalisti, ha conseguito
numerosi Premi Internazionali, in Italia ed all’estero; tra
questi, ricordiamo il Premio Internazionale Cartagine, Africa ed
il Premio per il Giornalismo Culturale a Roma, Premio Calderoni,
al Teatro Valle. Nel 2008, a Caltanissetta consegue il Premio
AnticaPietra Rossa per la Cultura e l’Arte. Accreditata come
giornalista e critico cinematografico al festival del Cinema
TaorminaBnlFilmFest E TaorminaFilm Fest, a tutt’oggi, ha diretto
con successo la sezione Mostre alla Mostra del Cinema dello
Stretto, Messina, 2007 e 2009.
- Il
critico ha al suo attivo numerose pubblicazioni d’arte e
monografie per maestri storicizzati quali Beniamino Minnella,
Pietro Piccoli ed altri autori. Inoltre, è presidente
dell’Accademia Euromediterranea delle Arti dalla stessa fondata,
di recente. Collabora con la Gazzetta del Sud e con altre testate
giornalistiche italiane ed estere, anche on line.