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- Galleria
Caffè Guerbois
- Via Valdemone, 35 Bc - Palermo
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Mostra
fotografica di Santo Eduardo Di Miceli e
Benedetto Tarantino
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DA
CAPACI A PALERMO, DESOLAZIONE E SPERANZA
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Una serie di scatti
“emblematici” in grado di restituire puntualmente
l’articolata complessità dello “stato delle cose”.
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E’ questo il peculiare
approccio alla fotografia che caratterizza il fare
artistico di Santo Eduardo Di Miceli e Benedetto
Tarantino; un approccio che si inscrive a pieno
titolo nel novero proprio della fotografia di
inchiesta e di impegno civile (che non a caso ha in
terra di Sicilia una lunga e consolidata tradizione,
dalle foto ormai storiche di Nicola Scafidi a quelle
di Ferdinando Scianna e di Letizia Battaglia o
ancora a quelle di connotazione più
etno-antropologica di Enzo Sellerio), ma che al
contempo si qualifica per la sua capacità di andare
al di là del ristretto ambito di tipo cronachistico,
per sconfinare nei territori più lati ed inventivi
della narrazione per immagini.
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Da Capaci a
Palermo, Desolazione e Speranza,
la mostra fotografica dei due artisti palermitani
(allestita fino al 21 giugno alla galleria Caffè
Guerbois) è infatti un corposo e dettagliato
excursus sulla Palermo di oggigiorno, ove ogni
singolo scatto, pur compiuto e concluso in sé,
costituisce un capitolo d’un più ampio e
approfondito resoconto visuale.
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Evocative e simboliche
(ma al contempo circostanziate e precise nella loro
collocazione topografica, antropologica e sociale),
le fotografie di Di Miceli e Tarantino, partendo dal
tragico spunto dell’attentato a Giovanni Falcone e
alla sua scorta, tracciano un quadro della
situazione palermitana scandito da luci ed ombre,
delineato fra il sentito desiderio di riscatto e di
rinascita e la rassegnata sfiducia nei confronti
d’una concreta possibilità di cambiamento.
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Tratti del litorale di
Capaci e scorci cittadini che denunciano un palese
stato d’abbandono (frutto del
totale disinteresse
delle istituzioni preposte alla loro gestione) si
alternano a caratteristiche scene di festa popolare
(giochi pirotecnici, bancarelle cariche di dolciumi,
preparazioni di prelibatezze della gastronomia da
strada, tutti soggetti immortalati nel corso del
festino di santa Rosalia), in una sorta di ideale e
metaforica contrapposizione fra i “sintomi” d’un
male atavico e incancrenito (quello della cattiva
politica che si intreccia al malaffare e alla
malavita) e i “segni” d’una reattività vitalistica
(interamente popolana) foriera di più confortanti
auspici d’una futura “renovatio”.
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L’esaltazione della
valenza iconica dei soggetti inquadrati, la sapiente
orchestrazione degli assetti chiaroscurali, la
scarna misura dell’eloquio visuale, la notevole
empatia nell’analisi di situazioni e personaggi,
tutto nella fotografia dei due artisti palermitani
concorre all’attuazione d’una irretente ed efficace
sequenza narrativa, capace di coinvolgere
“affettivamente” gli osservatori in una dimensione
da reportage in cui gli aspetti della dura presa di
coscienza non prescindono giammai da un’obbligata
ricerca di tipo artistico ed estetico.
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Forse troppo vincolato
ad un cogente schema di natura bipolare, il racconto
fotografico di Di Miceli e Tarantino va tuttavia
considerato non come un’opera definitiva e ormai
completa, ma piuttosto come l’incipit d’un work in
progress che non può certo esulare né dall’analisi
di quei lati oscuri che il vitalismo popolare spesso
cela al proprio interno (in primis la carenza o la
totale assenza di quella coscienza di classe che è
il prerequisito d’ogni consapevole reazione contro
l’oppressione marginalizzante posta in essere da chi
detiene il potere) né dall’allargamento
dell’obiettivo “indagatore” verso quegli ambienti
della società insulare in passato a torto ritenuti
esenti da colpe o corresponsabilità (ovvero quella
“buona borghesia” senza la quale nessun mafioso
riuscirebbe a esercitare il proprio imperio).
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Un’opportuno
“sconfinamento” in quell’ampia zona grigia
interposta fra gli estremi della desolazione e della
speranza, che, grazie al penetrante e tempestivo
scandaglio fotografico, consentirebbe di narrare
“visivamente” (senza dubbio in maniera più
approfondita) la reale natura di certe dinamiche
perverse che devastano nel profondo la nostra
società.
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Salvo Ferlito - giugno 2011
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