GIANNI
DOVA
Dova, la maturità e il
percorso
RACCONTO BRETONE
Sto in Bretagna. L'ho scelta perché cercavo una luce diversa dalla
nostra, cosi colorata. Avevo bisogno di luce fredda tesa metallica, con lunghe
ombre viola. Ho seguito gli itinerari degli impressionisti; di
Gauguin che amo e di Picasso a Dinard. Mi sono trovato a volare in un mare di leggende, di
magie, di sortilegi. I Dolmen e I Menir, in quegli spazi, mi sono apparsi
come visioni folgoranti;
immagini che sono
diventate racconto. Mi lascio andare al flusso dell'oceano e nuoto come un
cormorano a
Picco sulle dune.
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Attraverso questa breve
lirica Gianni Dova (Roma 1925 - Pisa 1991) rivela il suo
modo d’essere o, per meglio dire, il proprio stato
esistenziale fatto non solo d’arte oggettiva, ma anche di
scritti teorici e”letterari”.
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Sembra che nel testo citato
l’artista romano, milanese d’adozione, ricordi - forse
inconsciamente - le lettere di Vincent Van Gogh al
fratello Theo. Per lo meno sotto l’aspetto della tensione
emotiva e di quella più propriamente tecnico-pittorica.
Entrambi scrivono di colori, di luce, di visioni interiori
e di altri “maestri,” famosi per Van Gogh, storicizzati e
“museificati” per Dova, ma amati da entrambi.
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Inoltre egli era un tutt’uno
con il cosmo - quello spiritualizzato e quello più
strettamente artistico. In breve il pittore fu un
panteista nel senso più stretto del termine.
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Dova da
sempre è stato in continuo fermento intellettuale, ma il
suo pensiero, così come il suo fare arte, era tutto
incentrato sulla commistione “pittura-natura”, vale a dire
sul rapporto uomo-universo.
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Si potrebbe
fare una lunga lista delle sue varie esperienze
espressive. Crediamo non ne sia il caso, chi lo conosce sa
che il suo percorso era un perenne investigare il
significato della vita in tutte le sue espressioni. Chi
invece lo ha soltanto sentito nominare, o di lui ha visto
solo alcune delle innumerevoli opere - quadri, ceramiche,
serigrafie, sculture -, potrà scoprirlo in una bella
retrospettiva presso la galleria “Cafiso Arte” a Milano.
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Una mostra
che intende percorrere, in un tourbillon di immagini,
l’avventura artistica di Gianni Dova che qui inizia nei
primi anni ’50 tramite alcuni storici dipinti
rappresentativi della sua esperienza “nuclearista” - si
ricordi che fu tra i primi interpreti, assieme a Bertini,
del “Movimento nucleare”- fondato da Enrico Baj e Sergio
Dangelo - dal 1951. Una tappa - assieme a quella
“spazialista” di Lucio Fontana - per lui fondamentale,
come si può trarre da questo suo scritto: “L’universo è
buio: noi speriamo, invece, che l’infinito sia azzurro,
sia questo cielo di luce pulita senza nuvole, senza
confini”.
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Si prosegue
poi con gli anni ’70 contraddistinti da un “immaginario”
di stampo surrealista e contrassegnati dalla sua possente
energia psicologica.
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Per poi
spingersi fino agli ultimi manufatti degli anni ’80, i cui
soggetti sono prettamente inerenti alla tematica
“floreale”, con composizioni incentrate su giardini e
paesaggi. Quest’ultima fase della lunga attività
dell’artefice costituisce il fulcro della rassegna
intitolata, non a caso, Dova, la maturità e il percorso.
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L’esposizione però non scorda di esplorare i passaggi
intermedi: le iniziali esperienze “concretiste”, o per
meglio intendersi “cubiste”, la fase “materica,” e ancora
gli anni ’60 in cui Dova, dialogando con i mostri sacri
Ernst e Lam, interpretava il suo fare arte con metafore di
intenso accento d’organicità, articolata ancora una volta
in figurazioni parasurreali.
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A fare da
contraltare gli inizi degli anni ’70, quando ci fu una
fase di studi in cui l’immagine tese alla rarefazione
acquistando evidenza pressoché totemica, ma pur sempre
tendente all’onirico.
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E infine si
torna - come nel lungo peregrinare, non solo artistico,
del pittore - agli anni ’80, dove vi fu una fase “magica”
nella sua produzione. Qui è la Natura a farla da padrona,
quasi che, presagendo la propria dipartita in piena
maturazione “estetica” - Dova morirà, infatti, una decina
di anni dopo -, la sua infinita e appassionante vicenda
creativa dovesse, infine, concludersi in una “condizione
appunto come d’immersione in una fascinosa medianità
sostanzialmente d’accento naturale”, come rileva nel bel
catalogo Enrico Crispolti.
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Roberto Barzi
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Dova, la maturità e il
percorso
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Milano
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Galleria
“Cafiso Arte”
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Piazza S.
Marco, 1
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Dal 25
maggio al 30 luglio 2005
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Catalogo
Skira
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