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OMAR GALLIANI "sum qui sum" fino
al 14 gennaio
La figura femminile, intesa come depositaria e catalizzatrice di forze sacre e misteriose,
al contempo generatrici e distruttrici, radiose e oscure, è un topos
dellimmaginario collettivo sin dagli albori dellumanità.
Dalle Veneri steatopigie dellantichità pre-classica alla dea Demetra, da Ishtar ad
Iside, dalle Grazie botticelliane alle donne vampiro di von Stuck, la rappresentazione del
corpo e del volto femminile ha sempre riflesso, con speculare fedeltà, le proiezioni dei
vissuti più profondi riguardo ai rapporti fra eros, thanatos e spiritualità.
Banco di prova pressoché obbligato per gli artisti dogni tempo, larcano
promanante dalla figura femminile continua dunque a costituire una sfida e
unoccasione anche per i contemporanei. Una sfida cui di certo non si è sottratto
Omar Galliani, che la ha raccolta prendendo a spunto la moglie di Cagliostro
dando un saggio non comune delle proprie raffinatissime qualità grafiche.
Le opere esposte alla galleria La Murzia ove saranno visibili fino al 14 gennaio
confermano infatti una dettagliatissima conoscenza dellarte del disegno (da
Leonardo a Vespignani), qui elevato non solo a strumento di analisi fisiognomica, ma
soprattutto ad efficace mezzo di scandaglio spirituale.
Con un riferimento chiaro alle religioni orientali, e quindi ben consapevole della intensa
sacralità di cui leros è considerato portatore a quelle latitudini (latto
sessuale è ritenuto il modo più ideale di raggiungere larmonia e di ricongiungersi
al divino), Omar Galliani ha tratteggiato visi e corpi muliebri intridendoli duna
estasi entusiastica (dove lentusiasmo va inteso nella accezione greco-classica dello
stare dentro il dio) i cui languori percepibili, pur estranei a qualsivoglia
deriva orgiastico-dionisiaca, si ammantano delle forme dellorgasmo più completo.
In tal senso, il linguaggio di Galliani ha non pochi referenti anche nellarte
occidentale (si pensi agli abbandoni della santa Teresa o della beata Ludovica Albertoni
del Bernini) e nella mistica cristiana, che della visio Dei ha fatto uno dei
cardini dogni santità.
Atteggiate in pose e fisionomie meditative, forse dormienti o forse vinte dallo squassante
vento di Eros (per dirla con parole di Saffo), definite con impalpabili tratti
di matita, spesso ricorrendo leonardescamente ad un avvolgente non-finito
(come nella splendida serie di visi di Se non apri gli occhi), le leggiadre
fanciulle di Galliani vivono in una dimensione tutta mentale, nella quale la ragione più
che abdicare al sentimento, se ne avvale quale medium per pervenire a conoscenze altre e
più profonde.
Coniugate con simboli esoterici e religiosi propri dellOriente, ma anche con dei
teschi da vanitas europea (come nellinquietante e conturbante
Virginia Liber, realizzato a matita su tavola con perfetta padronanza del
chiaroscuro), le donne di Galliani paiono dunque incarnare unarmonia compiuta,
operando una sintesi perfetta fra corpo e mente e facendo di questa unità psicosomatica
lo strumento più opportuno per sentire il trascendente. Con questottica
sincretica, che riflette a perfezione le contaminazioni antropologiche del
tempo che viviamo, Omar Galliani getta un ponte fra Oriente ed Occidente, dando luogo ad
un colto ecumenismo (inteso nel senso più alto e laico del termine) che induce a
dialogare culture assai diverse ma non per questo inconciliabili, come più
duno afferma -, così esortandoci a non cedere a una sempre più dilagante e
pericolosa sordità.
La mostra, patrocinata dal Comune cittadino e dalla Regione siciliana, si avvale del
contributo di Aurelio Pes.
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COLLETTIVA GALLERIA LA MURZIA
Più che una collettiva, quello allestito alla galleria La Murzia è un compendio della
migliore produzione artistica contemporanea.
Con un occhio rivolto soprattutto alla Sicilia - ampio spazio è riservato a Piero
Guccione e Giuseppe Puglisi della cosiddetta scuola di Scicli, ma non manca
anche una significativa presenza di Guttuso -, e tuttavia non meno attento ad indiscussi
protagonisti dello scenario pittorico nazionale degli ultimi decenni - tanto per fare un
nome, Schifano -, questa piccola ma significativa mostra consente un interessante
confronto fra linguaggi e stili spesso assai lontani, ma tutti unificati da un
denominatore comune: la grande qualità.
Infatti, benché sia prevalente il lessico figurativo, nondimeno esso appare ampiamente
declinato nelle sue più svariate articolazioni: da quelle più canoniche a quelle più
libere e debordanti verso lastrazione.
Se in Carlo Ferraresi lafflato, per così dire, botanico si ammanta di vesti
classiche - i suoi Fichi dIndia, strutturati per solidi contrasti
cromatici, sono pervasi dun raffinato naturalismo assolutamente esente dalle tipiche
banalizzazioni cui soggiacciono questi soggetti, e piuttosto sono solennizzati nella loro
spoglia e sobria ambientazione -, in Schifano esso assume tratti graffitistici - la sua
Palma è sagomata con poche pennellate assai rapide e sintetiche che fendono il biancore
della tela -, risentendo chiaramente di influssi Pop Art, qui rielaborati in termini di
stringata e psichedelica ironia.
Parimenti, anche nella rappresentazione della figura umana è possibile cogliere una
tangibile dialettica fra opposti. Su un versante - quello del pretesto naturalistico
scandagliato impietosamente fino alla deriva espressionistica - si pone la Donna che si
lava di Renato Guttuso, una splendida pittura nera (nella accezione
goyescamente cromatica ed allucinatoria del termine) che travalica i limiti della mera
raffigurazione somatica, per sconfinare nella descrizione fisiognomica dun tratto
psicologico che pare deformato da irrefrenabile follia; sullaltro versante - quello
della sublimazione del dato fenomenico con modalità di impressionistica e visionaria
introiezione - si collocano invece gli assorti e quasi ieratici personaggi di Puglisi -
per lo più nuotatori -, compresi e racchiusi nellassoluta solitudine del gesto,
come dediti ad un culto minimale e trasfigurati in fate morgane attraverso
sottili vibrazioni cromatico-luministiche.
Su questa stessa lunghezza donda si pongono i paesaggi di Guccione - fra gli
indiscussi capiscuola del gruppo di Scicli -, che, con la loro tipica stesura
soffusa ed aeriforme, realizzano una perfetta crasi fra azzurrità marine e celesti,
rilanciando la tradizione paesaggistica insulare al di là degli steccati del
descrittivismo fotografico e advenendo ad una visione intensamente emozionale
della realtà.
Lallestimento sarà visibile per tutto il mese di febbraio, ogni giorno, tranne la
domenica, dalle 10 alle 13 e dalle 16,30 alle 20.
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