SALA ESPOSITIVA  "NEMESIO ORSATTI"
via del Risorgimento n. 4 - Pontelagoscuro (Fraz. di Ferrara)

 
 

 

Personale di Jessica Steri

"ON THE ROAD"
dal 13 al 28 giugno 2009

LE SENSIBILI VISIONI DI JESSICA STERI



E’ una sensibile ma ben definita visione quella espressa con stilema già efficacemente conclamato dalla giovane artista di origine Sarda ma Ferrarese di adozione Jessica Steri. La Nostra si esprime con luminescente pittoricità rivolta non tanto alla descrizione di paesaggi, bensì alla loro efficace percezione emotiva, nell’intento ben conclamato di superamento della mera fisicità sia pure immaginata.
L’elaborazione che la Steri rievoca in ogni sua opera appare su di un piano alto, definibile di valore mistico, ove pregnanti attese e catartici silenzi declinano nel colore abbagliante e su tutto la luce, l’atmosfera.
Una visionarietà ambivalente ove il silenzio porta al nulla ma al contempo al riemergere del Sé più autentico e profondo: “a tal proposito il filosofo e psicoanalista Carl Gustav Jung definisce il Sé (citato anche come "Selbst") come la totalità psichica rispetto a cui l'Io, la nostra parte cosciente, è solo una piccola parte.”. Jessica esplora luoghi reconditi della coscienza che generano, svelati sulle tele, intense perturbazioni dell’animo che non lasciano indifferente l’osservatore.
Non ci pare di errare ritenendo questa una pittura visionaria, ma anche al contempo concreta solida e formale ove pesi, prospettive e colori sono sempre ben riposti e calibrati, non casuali. La sua elaborazione dell’immagine basa su dati fisici e cromatici ripresi dalla realtà, espressi come elementi formali ineccepibili che dovranno fungere da contro altare alle magie dell’inconscio.
Una dimensione ambivalente dell’immagine, fatta di una componente apparente ed immediata, visivamente conclamata e distillata in colori essenziali rilegati alla descrizione scenico naturistica e ciò che appare meno immediato ma pure evidente, il contenuto intrinseco emozionale che conduce a conclusioni immateriali estremamente moderne del paesaggio natura che assurge a pretesto visivo per distillare stati d’animo, pure emozioni.

La prospettiva domina le scene definisce punti di vista, orizzonti interiori, colti spesso a volo d’uccello, alla maniera rinascimentale, ove la pupilla è indotta alla contemplazione d’insieme e punta all’infinito. L’immagine come un’istantanea di un grande fotografo supera la nostra retina e conduce direttamente alla parte irrazionale ove si imprimono in un ingorgo alchemico di chimica e sentimento le emozioni.
Questi dipinti pare trovino il punto di fuga nell’infinito stesso, nel nulla, un nulla che assume tono e valore d’immenso. Un macrocosmo che induce rispetto, considerazione, persino timore, ma anche un romantico confabulare interiore di forte enfasi poetica ove il sussurrato supera di gran lunga il declamato, ove le fronde degli alberi spesso rigogliose si stemperano nella magia del silenzio quale voce potente dell’immenso.
Jessica dipinge vedute, che assimilano umori e passioni del vivere, che sgorgano dall’animo come armoniose note cromatiche, che la coscienza ingenera ben oltre la volontà o il tecnicismo.
La vivacità cromatica percorre e definisce i primi piani dei vari soggetti, per poi soggiacere sommessamente avvinta ad una voce interiore che pare suggerire viaggi iniziatici. Si creano luoghi, strade, dunque percorsi, viali del tramonto, colline che non lasciano intravedere l’oltre e dunque momenti ove è indispensabile definire scelte, mettersi alla prova confrontarsi con l’io profondo in un percorso di auto valutazione delle nostre fragilità, incertezze, anche paure.
Di fronte all’immenso che si staglia all’orizzonte con evidenza disarmante ed inquietante è messa a nudo la nostra vita.
Comprendere la pittura di Jessica è comprendere che il mondo è fatto non solo di concretezza ma anche di sogni di visioni, di astrazione. Un treno, un traliccio, due alberi, una strada che si perde nel nulla, quasi un deserto mentale fatto di piccole oasi che colmano il vuoto circostante e circoscritto nel mistero. Il sommo Poeta scriveva: “Ma poi ch'i' fui al piè d'un colle giunto, là dove terminava quella valle che m'avea di paura il cor compunto, guardai in alto, e vidi le sue spalle vestite già de’ raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogni calle. Allor fu la paura un poco queta che nel lago del cor m'era durata la notte ch'i' passai con tanta pieta.”. Quello che la Steri suggerisce è dunque un cammino di purificazione da intraprendere oltre lo spazio tempo per mezzo della forza dei sentimenti, ove la coscienza è luce amica, fedele che ci infonde sicurezza, ci consente di vincere le tenebre riconsegnandoci all’alba della vita che ridisegna la speranza.
Dunque un paesaggio contemporaneo, soprattutto per i contenuti intrinseci, quello colto da Jessica, svuotato di ogni superflua intrusione dell’iride, essenzializzato, depurato da ogni inutile orpello. La pupilla non può essere distratta ma anzi diretta a raccogliere l’emozione ovvero il solo dato che alla Steri interessa realmente rappresentare e far percepire.

Pochi alberi ed una strada e già cogliamo un senso di solitudine, di abbandono, di perdizione, un travaglio interiore che ci pervade per un attimo ove regna l’autunno ed un brivido di freddo ci percorre la spina dorsale cogliendoci impreparati. Poi un’alba in controluce e la paura dell’oscurità diviene ricordo grazie all’approssimarsi del disco solare con la sua forza vivificante che accende la fiducia e genera calore. Un treno o un traliccio lontano avvolto nella luce, si lasciano intuire in lontananza, pare di percepirne l’eco, ma sono avvolti come fantasmi in un’atmosfera mistica, quasi miraggi, che attraggono a tal punto da prendere il sopravvento nel dipinto creando un senso panico, emozionale ma anche un moto metafisico dettato dall’immobilità apparente dell’istantanea.
Il silenzio domina la visione non completamente definita, ci turba e ci affascina al contempo. Nella strada la metafora del viaggio, del percorso verso la conoscenza.
Jessica raccoglie immagini mentali le fissa nella memoria visiva per poi elaborarle nell’inconscio e proferirle in visioni definite, sia pure scorporate degli elementi inessenziali. Ella esplora il mondo visibile il mondo dei colori e della natura, per esaltarne la parte più incorporea e mentale, coniando per ogni opera il giusto grado di approccio emotivo ed emozionale.
La prospettiva domina efficacemente per poi svanire nella nebbia e nel silenzio quasi a disegnare l’oblio, il nulla. L’artista ci porta fino alla soglia, fino al limite della comprensione, ma poi il viaggio si interrompe e si declina in uno spazio tempo non più a misura d’uomo per l'appunto metafisico conducendo in quei mondi dell’oltre cui solo la vera arte può portare.
E’ in quei luoghi mentali che ognuno di noi in base alla propria sensibilità può continuare o meno il suo viaggio alchemico.
Tali opere altro che meramente decorative, descrivono e declinano verso un paesaggio calibrato dal colore e dal gusto estetico, armonioso, ove la nebbia appare impenetrabile ma anche meta finale ed inespugnabile della coscienza, il nostro limite che se oltrepassato genera l’alchimia dell’esistere.
La melodia raffinata del colore diviene elegia che si perde nell’animo per condurci ad una visione eterea delle cose e fungere da approdo ad una meditazione trascendentale. La Steri rende colori tangibili ed immediati che sfuma nella nebbia padana, limite del nulla ed al contempo inizio di una possibile nuova alba della vita, metafora dell’infinito, fede in una presenza d’assoluto cui abbandonarsi con fiducia.
La luce che avvolge queste opere pare volerci condurre in un altro mondo in altre dimensioni che non comprendiamo ma che intuiamo possibili e che sentiamo positive. E’ una luce che ricorda vagamente la maniera dell’illustre Joseph Mallord William Turner (Londra, 23 aprile 1775 – Chelsea, 19 dicembre 1951), ricca di trasparenze e di istinto, che avvolge quel treno che ci appare fuori luogo e fuori tempo anch’esso un mistero che ben si sposa col viaggio come percorso d’illuminazione.
Quasi tutte le opere della Steri individuano una strada avvolta nel silenzio della contemplazione interiore ed avvinta da sensazioni e stati d’animo che Ella propugna meditativa in quegli attimi sospesi nella fisicità immaginifica del fare pittorico.
Jessica allude alla vita alle sue incognite ed al mistero dell’esistere, alla necessità di compiere un percorso irrinunciabile di completamento e di purificazione, al fine di sconfiggere le tenebre dell’ignoranza e della pochezza che ci avvolgono da dall’inizio dei tempi. La nostra esistenza pur precaria e risibile se colta nel confronto con l’immenso, diviene quasi per assurdo essenziale ed indispensabile in quanto unica ed insostituibile parte del tutto o di un tutto.
I paesaggi che Jessica amabilmente e con appropriata voce cromatica descrive e rende leggibili sono tali da elevare nel colore l’animo. In queste opere ogni banalizzazione riproduttiva trova superamento cogente nel prevalente ed allusivo sguardo interiore. Fascinosa pittura, fucina di emozioni, che indaga sotto metafora di paesaggio il mistero della vita.
 


Franco Bulfarini
 

 

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