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Ogni
volta che si usano le parole ‘arte’ o ‘artista’ in relazione
ai miei lavori fotografici, avverto una sensazione
sgradevole dovuta senza dubbio al cattivo impiego che si fa
di tali termini. Mi considero una fotografa, e niente altro.
Tina Modotti
Palazzo Madama di Torino rende omaggio a Tina Modotti,
fotografa, modella e allieva di Edward Weston che in pochi
anni superò il maestro. Arte e politica erano i due fuochi
in cui bruciò la sua vita. I suoi scatti hanno sedotto
Madonna. La pop star, grande fan e collezionista di donne
artiste, da Frida Kahlo a Tamara De Lempicka. L’esposizione,
gode del patrocinio del Comune di Torino e la collaborazione
tra la Fondazione Torino Musei, l’Associazione Culturale
Cinemazero e la casa editrice Silvana Editoriale.
La mostra copre tutto l’arco della vita di Tina Modotti,
come fotografa, come musa e come attivista.
Dietro la macchina fotografica c’è Edward Weston, innamorato
ed entusiasta, che ha lasciato la famiglia e il suo Paese
per Tina, la sua amante, musa e assistente. Strano destino
quello di questa fotografa: simbolo di una storia d’amore e
d’arte che stava nascendo, dopo pochi anni avrebbe fatto il
giro dei giornali scandalistici per dimostrare che Tina
Modotti, comunista e nemica dello stato, era una donna dalla
condotta immorale e dalla vita disordinata; una etichetta
che le resterà attaccata a lungo.
La mostra segue un percorso teso a mappare l’evoluzione
della sua vicenda, dagli affetti familiari ai suoi amori:
dai primi scatti influenzati dal compagno Edward Weston,
alle ultime, poche, misconosciute foto scattate a Berlino,
quando ormai la Modotti ammetteva l’impossibilità di
continuare la sua carriera con strumenti tecnici troppo
moderni, che non consentivano il suo particolare approccio,
metodico e posato.
Una vita fra USA, Messico, Francia, Spagna, Germania e
Unione Sovietica, fu soprattutto una attivista comunista e
un artista. Molte immagini della mostra sono dedicate al
Messico. L’attivismo politico rese l’artista agli occhi di
alcuni benpensanti dell’epoca nient’altro che “una
prostituta comunista”. E gli splendidi scatti di Edward
Weston che la ritraevano nuda, inclusi nella mostra di
Torino, completarono con la complicità dei giornali del
tempo l’opera, il ridimensionamento messa in campo contro di
lei dalla politica. Fu espulsa dal Messico nel 1930 in
quanto accusata di aver partecipato a un attentato contro il
presidente della Repubblica.
La mostra che conta circa cento foto esposte a Torino di
Tina Modotti presentate alla stampa rivelano una grande
attenzione e profonda sensibilità. Sono immagini di
pescatori, donne che lavano i panni e che allattano bambini.
Nei ritratti della stagione messicana l’indagine di
concentra sul soggetto umano, volta a marcare la dimensione
emotiva, parallela al suo impegno politico, umano e sociale
a fianco dei protagonisti, ben rappresentato da fotografie
come Julio Antonio Mella sul letto di morte del 1929 e
Bambina che prende il latte del 1926 o dal famoso scatto
della Marcia di Campesinos del 1928. Scatti magnifici, dei
quali la Modotti non era mai soddisfatta. Una fotografia
sempre calibrata e meditata, con bianchi e neri pastosi ma
estremamente vari nelle tonalità, frutto di lunghe
riflessioni ed esperimentazioni dove il contrasto tra luce e
ombra dona una concretezza quasi carnale. L’artista scrive
nel 1929 a Weston mandandogli un pacco di foto per il
Berkeley Art Museum: “Caro Edward – certe volte sento che
sarebbe più onesto da parte mia a rinunciare a tutte le
pretese e non fare più fotografia, al di fuori del lavoro
puramente commerciale dei ritratti. Tuttavia è un sacrificio
e mi addolora soltanto pensarlo, così continuo ma i
risultati non mi soddisfano mai”. Mentre da New York a
Cambridge mostre e riconoscimenti esaltano la sua arte, Tina
Modotti vive di poco, in piccole stanze spoglie. Si batte
per la causa comunista, finché caduta a Madrid nelle mani
dei franchisti, fa rotta verso l’America. Ma le autorità non
la lasciano sbarcare; quindi ritorna in Messico sotto falso
nome dove nel gennaio del 1942 la trovano morta a
quarantasei anni, in un taxi. Una fine ancora avvolta nel
mistero, dove alla tesi ufficiale dell’attacco di cuore si
oppone a quella dell’avvelenamento. Di lei oggi restano i
ritratti intensi, la giovane donna con una cartucciera in
mano. Ma soprattutto ci sono le sue foto e le parole
dell’amico Pablo Neruda, scolpite sulla sua tomba: “Tina
Modotti, sorella, non dormi, no, non dormi: forse il tuo
cuore sente crescere la rosa di ieri, l’ultima rosa di ieri,
la rosa nuova. Riposa dolcemente, sorella”.
La mostra Tina Modotti, retrospettiva è visitabile fino al 5
ottobre 2014 nella Corte Medievale di Palazzo Madama, il
biglietto costa 8 euro e include un’audioguida.
Anna Scorsone
Alessandri - maggio 2014 |
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