Le visioni figurative
contemporanee di Aurora Zharra
Sicuramente
fra i compiti demandati agli artisti figurativi vi è quello precipuo di
esprimere il bello, la piacevolezza dell’immagine. In passato questo significava
portare la visione al punto massimo di realismo descrittivo del soggetto. Dopo
il movimento impressionista, le avanguardie storiche ed i successivi
sommovimenti del secondo novecento anche la figurazione ha trovato nuove vie per
esprimersi in particolare nelle recenti generazioni di artisti.
Volendo rimanere nei limiti della pittura così per dire da
parete, senza pertanto irrompere nella filosofia dell’arte, troviamo che nel
contemporaneo DNA di tanti giovani artisti dell’immagine, frequentemente non
rileva l’aspetto edulcorato del costrutto, ma una definizione atta a
rispecchiare la frenesia della società moderna, l’irrefrenabile corsa
consumistica.
Il linguaggio odierno è ricco di mail, chat, video, di
rapporti umani che segnano nuovi ritmi e bisogni. L’immediatezza si raffronta
con l’emotività e gli schemi del passato non trovano che pochi riscontri nel
presente iconografico. Non ancora completamente spenta è la fase della “pop art”
si tentano nuove vie, un’inedita visionarietà fatta di arte oggettuale che
rifugge modalità classiche o meglio tradizionali, per far posto al vissuto
quotidiano, di comune sentire. Premesso che l’elemento estetico in sé non è
sempre efficace rivelatore della qualità artistica e del valore di un’opera, ma
sovente lo è comprensione della vicinanza dell’artista all’alveo culturale che
la società del tempo esprime e la coerenza espressiva al tempo di appartenenza,
di cui saper cogliere soprattutto disagi e contraddizioni ma anche pregi, quando
ciò sia possibile, è innegabile che il produttore d’arte contemporanea intenda
assumere a sé le istanze del proprio tempo da mutuare con il proprio stilema per
farne strumento di inediti percorsi intellettivi. La vita insegna all’arte e
l’arte trapela e si esprime attraverso il suo farsi e rifarsi nei fatti della
vita e dell’attualità. Aurora è artista di origine albanese già da diversi anni
stabilizzata in Emilia. Diplomatasi nella sua terra di origine in materie
artistiche si è poi laureata all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Aurora
Zharra non manca pertanto di adeguate conoscenze culturali e formative ovvero di
solide basi tecniche, propedeutiche a qualsiasi esito di un qualche valore. Ella
conclusi gli studi ha già preso le misure di uno stile proprio. Il suo è un
percorso indipendente da specifici movimenti ancora certamente in una fase di
ricerca e per questo sciolto, disinvolto ed esplorativo delle possibilità
formali ed espressive. Fra le sue opere, alcune trovo richiamino tonalità, modi
ed impressioni scenico-cromatiche proprie di Renato Guttuso, non
mancano poi rimembranze futuriste da cogliere nelle scene che inneggiano al
movimento, non di meno vi sono elementi che spostano il piano interpretativo sul
versante di un’espressività ben impostata sul piano del disegno ove i segni
veloci e rimarcati d’impianto grafico si lasciano intercettare dal colore più
spesso ad olio, a volte appositamente dilavato e smunto tale da risultare lieve
e sfuggente, altre invece fortemente materico e ricco in base alle pulsioni del
momento che alimentate da un’istintività prorompente.
Zharra è artista che tende a sorregge il costrutto
dell’opera sviluppandone le cadenze sceniche con l’utilizzo di essenziali regole
tecniche, pur sovente travalicate senza esitazioni quando se ne avvantaggi la
maggiore immediatezza e spigliatezza della composizione al fine di una più
spettacolare od interessante raffigurazione immaginifica. Le sue figure o più
spesso corpi danzanti, sono descritte nei modi più diversi tali da far emergere
vissuti quotidiani. Aurora dipinge icone corporee ove la ricerca anatomia è resa
vivida da richiami fortemente espressionisti. Un’operare che si palesa
elaborazione mentale atta a rileggere quotidiani vissuti per renderne le pose i
gesti, la normalità dell’essere, ma anche al contempo la straordinarietà
spiazzante da rintracciarsi proprio nell’abituale appartenenza alla vita di
tutti i giorni. Quella di Aurora mi appare pittura personale, tagliente a volte
persino cruda e tale da poter apparire persino irriverente o provocatoria, per
nulla ruffiana, che in sé non parrebbe porre denuncia alcuna, ma che in realtà
dice ed esprime molto di più, un sentito condiviso, che l’artista interpreta e
sente.
I
suoi personaggi appaiono anonimi, uno nessuno, centomila alla Pirandello, sono
espressione di una società tecnologica che soggiace a riti e ritmi tribali forse
per voler recuperare quella tranquillità primigenia di cui tanto abbisogna la
natura umana. Le esigenze moderne non danno spazio e non danno tempo, tutto
sfugge e l’io risveglia gli istinti primordiali che il gesto creativo ed
artistico richiama ed esprime. I corpi danzanti, i volti che ci guardano quasi
assenti, sembrano proiettarsi in un vuoto esistenziale, a volte sono ritratti ad
occhi chiusi, persi nel sonno ristoratore della coscienza, quasi a voler
sfuggire le responsabilità del presente per celarsi rigenerati in altri mondi e
tempi. Si allude forse inconsciamente all’odierna condizione umana, alle
fragilità dell’uomo e donna contemporanei? Proprio descrivendo figure e persone
comuni si svela molto della società e delle sue abitudini nonché emergenze.
Ritornando ad Aurora vige nel suo operare in arte il senso dell’azione, nella
ricerca della luce per esprimere a mio avviso le migliori capacità, in
particolare nelle opere con più figure che percorrono le scene a passo di danza
quasi a balzare fuori dalla tela che diviene palcoscenico dell’umanità. Forte mi
appare il legame con la fotografia, con i rotocalchi, con il cinema, con la
pellicola, sia per le inquadrature assolutamente moderne anche nei ritratti sia
per l’energia che trasmettono le pennellate, immediate e taglienti, sferzanti di
energia. Aurora nelle opere recenti genera una riflessione sulla misura della
corporalità colta da diversi punti di vista, un vero studio della gestualità
umana. Il pretesto è spesso la danza ma anche il camminare sfuggente dei
passanti fra cartelloni pubblicitari e manifesti incredibilmente più vivi dei
primi.
Colpisce molto l’espressività dei visi spesso femminili
resi in primo piano con immagini da rotocalco esaltati nell’apparente casualità
delle inquadrature proposte. Aurora Zharra, da diversi anni trapiantata in
Emilia segue un percorso di revisione e manipolazione istintiva dell’immagine.
Volti e corpi sono dipinti o disegnati più spesso d’impeto che con calcolo di
posa, talvolta rifiniti e dettagliati altre appena accennati ed approssimativi,
stagliano sempre sulla tela con eleganza stilistica, legati a colori
d’espressione che richiamano al passato recente della pittura, pure
contemporanea ed indicano una direzione volta a creare nuove possibili modalità
espressive. Come non notare le linee di forza originali che percorrono le figure
e le angolature prospettiche spesso originali come nelle opere di maggior
complessità ove il movimento e l’effervescenza del costrutto sposano con grande
sensibilità e senso immaginifico la scelta scenica. Il tutto conduce alla
vivacità propria della nostra società che se pur decadente rimane aperta alla
speranza che i giovani artisti tendono ad interpretare con nuova modalità ed
energia. Queste persone, queste figure, questi corpi e visi descritti sia in
primo piano che nella completezza formale avallano l’inquietudine, i tremiti
propri di un’era che nell’arte descrittiva, dopo aver segnato una lunga parabola
discendente, ricerca un rilancio verso un possibile futuro, ove la narrazione
figurativa di cui Zharra è giovane interprete, possa trovare ancora ragioni per
esistere.
Testo critico di: Franco Bulfarini